16 Settembre 2024

Giorgia Meloni sosterrà Ursula von der Leyen alla Commissione europea? La telefonata nelle prossime ore. Fratelli d’Italia vale 24 voti. La premier vuole che l’Italia abbia un commissario con un portafoglio ricco e deleghe di prima fascia, si spera anche in una vicepresidenza esecutiva. Ma la concorrenza è la parola chiave

Giorgia Meloni non scopre ancora le sue carte, vuole trattare fino all’ultimo minuto utile. Alzare il prezzo e ottenere il massimo «per l’interesse dell’Italia», prima di concedere a Ursula von der Leyen i 24 voti di FdI. Per la premier «conta quel che c’è nel programma», contano i progetti che la presidente uscente, candidata al bis, intende realizzare nei prossimi cinque anni alla guida della Commissione Ue. «Se von der Leyen non scandirà pubblicamente le minime aperture che ha fatto in privato, sarà difficile che possa ottenere i nostri voti».
Così ragiona Meloni in queste ore di vigilia con i ministri e i parlamentari di FdI, concordi nell’affermare che «la decisione non è presa e il vero nodo della trattativa è il green deal». Domani il Parlamento Ue emetterà il suo verdetto e in gioco non c’è solo il destino politico di «Ursula», ma il futuro dell’Unione. Il voto è segreto, il rischio che i franchi tiratori possano affossare le ambizioni della tedesca è concreto e la leader della destra è determinata a far contare il suo tesoretto di consensi. Vuole che l’Italia abbia un commissario con un portafoglio ricco e deleghe di primissima fascia. Quanto alla vicepresidenza esecutiva, a Palazzo Chigi ci sperano e si dicono convinti che, se la presidente dovesse nominarli, l’Italia «non potrà non averne uno».
I meloniani scartano la via dell’astensione e lasciano solo due strade aperte: promozione o bocciatura. «Dovremo spiegare pubblicamente la nostra scelta e lo faremo solo dopo che la candidata alla pres
Ursula von der Leyen lavora per allargare la maggioranza formata da Ppe, Pse e Liberali. Manovre e contatti sono in corso ai livelli più alti, ma la telefonata cruciale con Giorgia Meloni avverrà nelle prossime ore. Solo dopo il colloquio e dopo aver ascoltato il discorso al Parlamento, la premier scioglierà la riserva. «Non si è ancora fatta una valutazione definitiva, fino a giovedì mattina non accadrà nulla», prevedono fonti di governo. A conferma che Meloni è impegnata in una trattativa serrata per ottenere nero su bianco qualche apertura solida, che le consenta di votare a favore del bis senza scatenare l’ira di Salvini.
La maggioranza è spaccata tra il no della Lega, il sì di Forza Italia e la posizione attendista di FdI, la cui leader è anche la presidente di Ecr. Ieri Ursula ha incontrato il gruppo dei conservatori e in quell’ora che lei stessa ha definito «intensa» non è riuscita a dissipare i tanti dubbi dei meloniani, che pure hanno apprezzato l’esclusione dall’agenda dei Patrioti di Le Pen, Salvini e Orbàn.
Per Meloni, che già cammina su un sentiero stretto, sarebbe difficile votare una von der Leyen che facesse in Aula il pieno di applausi di socialisti e verdi, senza elargire concessioni a quella destra che ha vinto le elezioni Europee. La premier italiana ha apprezzato le parole su sicurezza, difesa e Ucraina, mentre sul green deal ha chiesto, per voce del suo eurodeputato di punta Carlo Fidanza, un «radicale cambio di passo». I meloniani lamentano che «Ursula, per accontentare i verdi, è stata evasiva sul green deal». Se vuole i voti di FdI deve mutare impostazione e dimostrare lo stesso «approccio pragmatico» avuto sull’immigrazione.
Ai piani alti del partito c’è chi arriva a evocare l’imponderabile: von der Leyen impallinata dai franchi tiratori e Metsola che lascia la guida del Parlamento per assumere quella della Commissione. Voci, messe in giro per alzare il prezzo. Il ministro Lollobrigida apre, lodando il «cambio di scenario positivo» su agricoltura e immigrazione. Altri chiudono, facendo balenare il voto negativo. Perché il no possa diventare un sì, a Palazzo Chigi si aspettano «garanzie forti e precise». Un portafoglio per Raffaele Fitto che combini la coesione con deleghe fondamentali come il mercato interno, l’industria, o la concorrenza. Quest’ultima è una delle parole chiave della trattativa, perché Meloni avrebbe chiesto a von der Leyen anche un occhio di riguardo sulla direttiva Bolkestein. Sul piatto della bilancia c’è la liberalizzazione delle spiagge, sulla quale — com’è noto — la destra italiana fa da tempo resistenza.

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