Il premier israeliano risponde alla tedesca Baerbock e al britannico Cameron in visita in Israele per chiedere «moderazione». Attacco anche con droni di Hezbollah in Galilea: 5 civili e 13 militari feriti. Il presidente iraniano Raisi: «Reazione feroce se ci colpiscono»
Le cortesie diplomatiche impongono a Benjamin Netanyahu di ascoltare quello che David Cameron e Annalena Baerbock sono venuti a dirgli da Londra e da Berlino.
«Gli israeliani stanno prendendo la decisione di attaccare», commenta il ministro degli Esteri britannico. «Spero lo facciano in modo furbo e così da non allargare il conflitto». Mentre la ministra tedesca ricorda «che Israele ha già dimostrato forza con la sua vittoria difensiva, adesso ci vuole una moderazione prudente che è forza».
Il premier all’apertura della riunione di governo settimanale, rinviata di tre giorni dopo l’attacco iraniano nella notte tra sabato e domenica, ringrazia per i consigli e li spazzola via: «Prenderemo le nostre decisioni da soli e faremo tutto il possibile per proteggere i cittadini».
Yoav Gallant, il ministro della Difesa, calca i toni delle minacce: «Il terrore parte da Teheran, le loro mani sporche di sangue si protendono, ma noi le taglieremo ovunque».
Il consiglio di guerra ristretto sta ancora discutendo i modi e i tempi della rappresaglia per il lancio di oltre 300 tra droni e missili. Lo stato maggiore e l’intelligence militare, spalleggiati da Gallant, spingono per un contrattacco a breve: secondo la rivista Axios , era già stato deciso per lunedì scorso e poi rinviato.
Gli israeliani potrebbero scegliere — scrive il quotidiano Wall Street Journal — di limitare i bombardamenti alle basi iraniane in Siria. Una fonte americana ha spiegato alla emittente Cbs che Washington si aspetta anche un attacco «limitato» sul territorio iraniano.
I Pasdaran hanno già evacuato alcune postazioni in Siria e altre vengono lasciate vuote la notte, quando i raid potrebbero essere più probabili. Le Guardie della Rivoluzione avrebbero consigliato ai miliziani di Hezbollah di fare lo stesso: il regime e l’organizzazione sciiti sono intervenuti nella lotta civile siriana per sostenere il dittatore Bashar Assad e di fatto gli hanno garantito di restare al potere.
Il presidente iraniano Ebrahim Raisi ha avvertito che anche la «più piccola aggressione» sul suolo iraniano da parte di Israele porterà a una risposta «potente e feroce».
Raisi ha parlato durante la parata annuale dell’esercito, spostata alla periferia di Teheran e senza copertura televisiva. Raisi ha detto che l’attacco di sabato notte è stato limitato e che se l’Iran avesse voluto effettuare un’operazione più grande, «nulla sarebbe rimasto del regime sionista».
Hezbollah ieri ha centrato con un razzo seguito da un drone kamikaze riempito di esplosivo un edificio nel villaggio di Arab Al-Aramshe nel nord di Israele dove si trovava un gruppo di soldati riservisti: 5 civili e 13 militari sono rimasti feriti, tra loro 5 in modo grave. L’aviazione ha bombardato l’area da cui sono partiti i lanci e altre strutture del gruppo libanese.
Le forze armate hanno completato l’esercitazione per prepararsi all’eventualità di un attacco massiccio al Nord, alla possibilità che gli scontri quotidiani con il braccio armato di Teheran in Libano diventino conflitto totale. Vanno avanti da 194 giorni, quanto l’offensiva contro Hamas a Gaza ordinata da Netanyahu dopo la mattanza perpetrata dai terroristi nei villaggi israeliani a Sud.
I palestinesi uccisi sono quasi 34 mila e le Nazioni Unite chiedono ai Paesi donatori quasi 3 miliardi di dollari per la Striscia e la Cisgiordania, servirebbero per gli interventi di emergenza nei prossimi mesi. La ricostruzione dei 363 chilometri quadrati devastati dai bombardamenti costerebbe invece oltre 20 miliardi. «Questa settimana a Gaza è entrato il 50 per cento in più di aiuti umanitari, non è ancora abbastanza, gli israeliani devono fare di più», commenta Joe Biden, il presidente americano.