22 Novembre 2024
Economia Operaio

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Si avvicina la scadenza di quota 102, Opzione Donna e Ape Sociale: in tutti e tre i casi la data fissata è il 31 dicembre 2022. Il termine in questione vale per il raggiungimento dei requisiti. Il che vuol dire che in assenza di una proroga o una riforma da parte del nuovo governo si torna alla pensione di vecchiaia a 67 anni, come previsto dalla legge Fornero.

Opzione Uomo: cosa prevede
L’ipotesi che sta prendendo in considerazione la leader di Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni, è quella non solo di una proroga di Opzione donna ma anche di una estensione della misura anche agli uomini. “Un meccanismo simile potrebbe essere studiato anche per gli uomini”, aveva detto in proposito Meloni. Opzione Uomo, esattamente come avviene per Opzione Donna, dovrebbe consentire di andare in pensione anticipata a 58 anni con 35 anni di contributi e il ricalcolo dell’assegno tutto contributivo. Il meccanismo darebbe la possibilità di andare in pensione prima anche agli uomini, ma con una riduzione dell’assegno. Come spiega Repubblica, il taglio potrebbe andare dal 13% al 31% dell’assegno, a seconda dei casi.

Le altre proposte del centrodestra
L’ipotesi, allo studio di Fratelli d’Italia, non è l’unica soluzione presa in considerazione dal centrodestra. In campagna elettorale la coalizione si era impegnata ad aumentare la pensione minima nonché la “flessibilità in uscita dal mondo del lavoro, favorendo il ricambio generazionale”. Come nuova ipotesi di uscita anticipata la Lega aveva proposto Quota 41, che consentirebbe di andare in pensione a chi ha almeno 41 anni di contribuiti. Con il sistema attuale la pensione anticipata richiede 42 anni e 10 mesi di contributi per gli uomini e 41 anni e 10 mesi per le donne.

La questione dei costi
Un tema con cui il nuovo esecutivo dovrà fare i conti è quello dei costi di queste opzioni. Si calcola infatti che la spesa per pensioni, che quest’anno è stata di 297,3 miliardi, salirà a 320,8 miliardi nel 2023, a 338,3 nel 2024 e a 349,8 nel 2025. Vale a dire 50 miliardi in più in tre anni. Nel 2025 la spesa per le pensioni arriverà al 17,6% del Pil. Nuove soluzione per aumentare la flessibilità in uscita andrebbero ad aumentare questi costi, rischiando di diventare insostenibili per il Bilancio dello Stato.

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