20 Settembre 2024

Fonte: La Repubblica

di Patrizia Capua

Donne impresa 33. Quarntaquattro anni, dal 2014 è ammnistratore delegato di Ocean, che riunisce 19 aziende e 50 mezzi tra rimorchiatori, chiatte, bettoline e battelli antinquinamento. Ma raggiungere la guida della società fondata dal padre non è stato facile: “Ci sono voluti anni di battaglie, poi ha deciso di passarmi il testimone”

Da Trieste fino al Kazakistan, passando per i porti di Monfalcone, Slovenia e Montenegro, ha piantato la bandiera della sua flotta. Michela Cattaruzza, 44 anni, triestina, dal 2014 è amministratore delegato di Ocean, società di punta del gruppo armatoriale Ocean Team srl fondato 52 anni fa dal padre, il comandante Luigi, che fattura 50 milioni di euro e riunisce sotto le sue insegne 19 aziende e 50 mezzi tra rimorchiatori, chiatte, bettoline e battelli antinquinamento. Nell’headquarter della flotta di trasporti marittimi e servizi portuali, che ha sede nell’ex Arsenale triestino, lavorano 85 persone.
Prima di conquistare il posto di comando ha dovuto confrontarsi a lungo con il genitore oggi quasi novantenne. “Sono diventata ceo dopo anni di battaglie, – racconta Michela Cattaruzza – mio padre non molla facilmente. È stato un uomo molto severo, all’inizio mi ha detto: arrangiati. Ha deciso tardi di passarmi il testimone, quando a un certo punto si è reso conto che già gestivo io gran parte delle attività. Ma mi sono formata proprio con un osso duro come lui. Ancora oggi è in azienda, lo voglio io perché le persone anziane hanno un carico di esperienze e una memoria di eventi che è un patrimonio. Dieci anni fa lo avrei strozzato, ora la penso così. Fa il presidente e guai a chi ce lo tocca.”.
Michela Cattaruzza guida il naviglio delle grandi piattaforme mobili, chiatte utilizzate per carichi difficili, come pezzi di navi per la Fincantieri, talmente grandi che nemmeno i trasporti eccezionali possono spostare, per l’alaggio di superyacht e come base di appoggio per impianti petroliferi in mezzo al mare. Complesso navale potenziato di recente con l’acquisto di una mega chiatta lunga 90 metri e larga 27, unica in Italia, capace di operare per la manutenzione di panfili anche di 120 metri. Dei rimorchiatori portuali, core business del gruppo, si occupa il fratello Alberto, di sette anni più grande. “Con lui c’è grande collaborazione e massimo rispetto. Conosciamo i limiti e le potenzialità di entrambi. Nel momento in cui capisci che non puoi pretendere dagli altri quello che vorresti da te stesso, sei già a metà dell’opera”.
Si è laureata in Economia all’università di Bologna, “per amore dell’azienda”, precisa, le alternative erano Ingegneria navale o Giurisprudenza, “perché se ci si mette una cosa in testa, se ti poni degli obiettivi, per raggiungerli fai anche quello che non ti piace”. Dopo l’università è volata a New York a seguire un corso di specializzazione di inglese che lasciava il tempo per trovarsi dei lavoretti. Così ha passato alcuni mesi al National cargo bureau, come esperta del controllo dei carichi pericolosi sulle navi, e poi in Zim Containers Lines nel settore carichi per la costa occidentale.
“Tornata a Trieste sono entrata in azienda. E siccome sono curiosa, per capire leggevo la posta, allora era ancora tutto cartaceo. Mi sono messa sulle orme della direttrice amministrativa e da lì sono partita per poi passare alla parte commerciale che era il settore più dinamico. Il tecnico invece l’ho decisamente accantonato anche se stando sul campo ho finito per impararne abbastanza. È una questione di razionalità”.
Negli anni della formazione professionale la giovane imprenditrice dello shipping triestino si è anche sposata con Luca Bellinello, un consulente aziendale, e hanno avuto due figli, Giacomo e Sofia, che ora hanno 15 e 14 anni. “Significa tanto trovare la persona che ti accompagna nella vita, e questo dipende dalla selezione che fai da giovane. Ho un marito che mi sostiene nelle battaglie quotidiane, molte donne che lavorano invece sono tormentate dal senso di colpa”.
Dalla città giuliana, Michela Cattaruzza ha continuato a guardare all’estero. “Per chi lavora col mare la globalizzazione c’è sempre stata, per noi operare in Egitto, a Cipro, in Africa, è normale, come lo è parlare bene l’inglese”. Ha sviluppato l’azienda aprendo nuove società oltre confine: nel Kazakistan nel 2006, a Capodistria in  Slovenia e in Montenegro tre anni dopo. “Sono nostre basi operative autonome, con strutture e manager propri. Ho seguito da vicino l’evolversi di queste start up”. A Bar, in Montenegro, Ocean ha concorso e vinto un bando europeo per l’acquisizione dei servizi portuali, rimorchi ormeggio e pilotaggio. “Quello del Kazakistan è stato un caso della vita – racconta l’armatrice -. È nato così, bevendo un caffè. Eravamo in Saipem e abbiamo sentito parlare del problema che non avevano dove sistemare i tecnici mandati a lavorare laggiù. Il mio direttore commerciale azzarda una soluzione: e se si realizzasse un albergo galleggiante? Bella idea, dicono loro, portateci il progetto. Vede, i creativi italiani? E ora lì abbiamo una vera e propria sede”.
Per specializzarsi, segue dei corsi alla Bocconi e per entrare di più nella materia e conoscere a fondo le armi del mestiere progetta di entrare in un master al Mib di Trieste, prestigiosa scuola di management. “Ero già mamma di Federico. Chiamo mio marito e gli dico che ho due buone notizie da dargli: la prima è che mi hanno ammessa al master e la seconda che sono incinta. Avevo 31 anni quando Sofia è nata, mentre facevo il modulo di finanza è arrivato il momento di partorire. L’ho dovuto rifare”.
Accanto alla ceo, alla Ocean c’è un capo armamento donna, Milena Modugno, che dopo dieci anni di esperienza è stata chiamata nel board. “Due anni fa abbiamo deciso di allargare la componente rosa – racconta l’imprenditrice – e con Milena siamo andate all’Istituto nautico di Trieste per una sessione di ‘Stage donna’.  Al termine del corso abbiamo scelto e assunto due allieve, giovani e dinamiche, con questi cervelli che viaggiano alla velocità della luce. Adesso abbiamo altre due capitane a bordo”.
La manager e il suo carattere: “sono trasparente come un bicchiere d’acqua, dico esattamente quello che penso”; il suo lavoro è “maschile e difficile, ma tutti i lavori sono difficili se li fai sul serio”; c’è l’orgoglio di appartenere al mondo dello shipping, “un ambiente in cui ancora ci si stringe la mano prima di firmare un contratto”.
Per far crescere la società, Michela Cattaruzza punta molto sul welfare. Dopo aver rinnovato gli uffici nell’ex Arsenale triestino, ha istituito borse di studio per i figli dei dipendenti e progetta di realizzare una palestra aziendale. “Le imprese che hanno voglia di andare avanti, investono sulle persone – chiarisce -. Non si può dire che attraversiamo un periodo florido. La ripresa produttiva è livellata, questa situazione di crisi rimarrà per un po’ di anni. È la nuova economia, bisogna stringere la cinghia. Ma il mio sogno è creare un ambiente di lavoro sempre più confortevole, altrimenti subentrano stress, malattie. Abbiamo una vita sola, cerchiamo di viverla al meglio. Ho la fortuna di avere una squadra che vive per l’azienda, al fianco uomini e donne valenti, e aiuta tanto sapere di poter contare su chi ti dice: qualsiasi cosa, ci sono”.
Attiva in azienda e impegnata anche nell’associazione degli industriali, è stata presidente dei Giovani imprenditori di Assoindustria Trieste, vice presidente dei senior, membro della giunta nazionale di Confindustria e dal 2014 è nella giunta di Confindustria Venezia Giulia e capo della sezione Trasporti e logistica. “Un’ esperienza bella e formativa, una scuola di vita” afferma.
In questi giorni è costretta a casa per una rottura dei legamenti di una caviglia: “Sono stata travolta dalla mia bernese Heidi, una cucciolona di 14 mesi e 40 chili. Non importa. Mi godo la famiglia, fulcro della mia vita, non potrei concepire altro, con loro amo viaggiare e condividere qualsiasi cosa, anche l’amore per questa città. Qui credo che ci siano grandi potenzialità per il turismo. Chi ha visto Trieste è rimasto incantato, una perla. Ha una qualità della vita altissima, è tutto vicino, ora è arrivata anche Eataly, per una donna che lavora è fantastica”.

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