24 Novembre 2024

Fonte: La Repubblica

I quattro ministri delle Finanze dei Paesi più grandi dell’Eurozona intendono presentare l’iniziativa per la tassazione della web economy nel corso della prossima riunione informale del Consiglio dei ministri delle Finanze in programma a Tallinn il prossimo 15 e 16 settembre

Anche l’Italia aderisce alla battaglia sulla web tax europea. Il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan – riferisce il Mef – ha sottoscritto una dichiarazione politica congiunta con gli omologhi colleghi di Germania, Francia e Spagna a sostegno di una iniziativa per la tassazione delle imprese dell’economia digitale. La dichiarazione è stata inviata a Toomas Töniste, Ministro delle Finanze dell’Estonia – Stato che ricopre la presidenza di turno dell’Unione Europea – e per conoscenza al Commissario europeo Pierre Moscovici.
I quattro ministri delle finanze dei Paesi più grandi dell’Eurozona – ricorda il ministero – intendono presentare l’iniziativa per la tassazione della web economy nel corso della prossima riunione informale del consiglio dei ministri delle finanze dell’Ue (Ecofin), in programma a Tallinn il prossimo 15 e 16 settembre, e in particolare nella II sessione di lavoro, dedicata alle sfide della tassazione d’impresa nell’epoca dell’economia digitale.
L’iniziativa ha lo scopo di sollecitare una imposizione delle imprese che svolgono attività economica in Europa senza corrispondere un livello di tassazione adeguata, mettendo a repentaglio i principi di equità fiscale e la sostenibilità del modello economico e sociale del Continente.
A lanciare l’iniziativa pan-europea è stato il ministro delle Finanze francese Bruno Le Maire, che ha suggerito una revisione delle tassazioni nazionali per applicare – nel caso dei giganti del web e dell’It, da Apple a Facebook – un prelievo non più basato sull’utile bensì sul fatturato. Una proposta – ricorda il Financial Times – nata anche sulla scia della indignazione creata dalla rivelazione che il colosso delle prenotazioni alberghiere Airbnb lo scorso anno ha versato al fisco francese meno di 100 mila euro a fronte di un fatturato miliardario.
Finora i grandi gruppi tecnologici hanno ridotto al minimo la propria imposizione fiscale in Europa grazie a raffinati – e legali – sistemi di trasferimenti di utili da Paesi con aliquote più pesanti (come Italia, Francia o Germania) a legislazioni assai più compiacenti per quanto riguarda il reddito da impresa.
Un fattore, questo, che ha creato irritazione fra i partner Ue e che rischia di complicare il processo verso questa inedita riforma fiscale, per la quale sarebbe necessario un voto favorevole all’unanimità di tutti i ministri europei. La tassazione sul fatturato – anziché sugli utili – prevederebbe naturalmente una aliquota molto bassa (il Ft ipotizza fra il 2 e il 5% del totale): abbastanza comunque per aumentare le entrate per le casse pubbliche da zero (o quasi) a diversi miliardi di euro.
Il 22 maggio scorso la Commissione Bilancio della Camera aveva approvato un emendamento alla manovra che introduceva un meccanismo per accordi preventivi tra compagnie digitali e Fisco prevedendo, per tutti i gruppi multinazionali con ricavi consolidati superiori a un miliardo di euro e che effettuino cessioni di beni e prestazioni di servizi nel territorio dello Stato per un ammontare superiore a 50 milioni di euro, la possibilità di avvalersi della procedura di cooperazione rafforzata. Le società potranno estinguere i debiti tributari versando le somme dovute e pagando la metà delle sanzioni amministrative.

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