Fonte: La Repubblica
di Giovanna Casadio
Un dossier della Camera dei deputati e un sondaggio commissionato da +Europa a EMG-Acqua fanno il punto sulla differenza di genere nel nostro Paese. Siamo un passo indietro su tutto, eccetto che in fatto di salute
Può essere interessante sapere in tempi di coranavirus, che sulla salute e la cura in Italia non c’è gender gap, nessuna disparità tra uomini e donne. Mentre per tutto il resto siamo messi maluccio. Nel giorno dell’8 marzo sondaggi e studi cercano di spiegare in numeri e percentuali quale è l’autentica parità e quali le disparità tra donne e uomini nel nostro e negli altri paesi della Ue. Lo fa un dossier della Camera dei deputati. Entra nei dettagli un sondaggio commissionato da +Europa a EMG- Acqua.
Dal servizio studi parlamentare tanti dati e un ragionamento che riguarda sei diversi settori (lavoro, denaro, conoscenza, tempo, potere e salute). La valutazione è in base a un indice da 1 a 100, dove 1 indica l’assoluta disparità e 100 segna il completo raggiungimento della parità uomo/donna. Ecco quindi che nell’indice di uguaglianza di genere 2019 per l’Italia il punteggio complessivo è di 63, poco più della sufficienza, e ci piazziamo al 14° posto tra tutti gli stati Ue.
Siamo un passo indietro su tutto, eccetto che in fatto di salute. Qui meritiamo 88,7 punti. Su potere (47,6), tempo (59,3) e lavoro (63,1) siamo in mezzo al guado. Va da sé che al top della graduatoria complessiva per parità uomo-donna spiccano i paesi nordici (Svezia, Finlandia, Paesi Bassi, Danimarca) con oltre 72 punti, la Germania è a 66,9, e in fondo si trovano la Grecia al 51,2 e l’Ungheria a 51,9. Per la classifica del World economic Forum proprio sul global gender gap, l’Italia si colloca al 76° posto su 153 paesi con passi avanti e passi indietro dal 2006 a oggi.
Ma a segnalare il punto di vista delle donne italiane su di loro stesse è il sondaggio che +Europa avrebbe dovuto presentare nell’evento per l’8 marzo della scuola politica per le donne, saltato per coronavirus e rinviato al 9 maggio. Ne risulta in sintesi che 6 donne su 10 dichiarano di sentirsi discriminate sul lavoro e quasi 8 su 10 si sentono penalizzate in una carriera politica. Su quest’ultimo punto anche 7 uomini su 10 ritengono che le donne siano penalizzate in politica. Inoltre tra i già pochi iscritti ai partiti solo un terzo è donna. Poche donne poi, soprattutto tra le più giovani, si riconoscono nella dimensione destra/sinistra.
Il partito di Emma Bonino ha infatti investito, come prevede la legge, il 10% del 2 per mille raccolto per un progetto che promuove Prime donne- un altro genere di politica, e che ha lanciato la scuola di formazione politica al femminile. “Una cosa del tutto diversa dai forum femminili dei partiti tradizionali, perché si tratta di una scuola rivolta a donne non necessariamente di +Europa”, spiega Costanza Hermanin vice segretaria del partito e insegnante al Collegio d’Europa di Bruges.
E comunque, i dati del sondaggio di EMG di Fabrizio Masia (su un campione di mille casi, realizzato dal 28 febbraio al 4 marzo 2020) raccontano degli italiani e della parità di genere, del rapporto delle donne con la politica. Qualche altro esempio. Il match tra donne e politica è disastroso. Sono 8 su 10 (81%) le giovani donne che dicono essere penalizzante l’impegno politico per le donne rispetto agli uomini. E perché? Una montagna di freni. Ma chi si aspettasse di vedere al primo e unico posto la maternità e la crescita dei figli si meraviglierà nell’apprendere che a pari “demerito” ci sono gli atteggiamenti maschilisti e discriminatori (75%), la cultura maschilista dei partiti (73%), il cameratismo maschile (74%).
Nella valanga di percentuali, emerge che le donne italiane sono oggi più presenti nelle istituzioni, ma il potere inteso come potere decisionale e di leadership resta un miraggio. E qui, è anche il dossier della Camera dei deputati a parlare. Se la presenza delle donne in Parlamento è passata dal 19,5 % della XVI legislatura al 35% attuale, non ci sono donne, né mai ce ne sono state, alla presidenza della Repubblica e del Consiglio dei ministri. Mentre in Belgio, Danimarca, Finlandia e Germania sì. Per la prima volta alla presidenza del Senato c’è una donna: Elisabetta Casellati. E una alla presidenza della Consulta, Marta Cartabia. La partita di parità è appena iniziata.