8 Settembre 2024

Roma ritira la candidatura per mancanza di fondi, i Mondiali vanno a Pechino. Ma il governo ribatte: «Impossibile trovare fondi senza un business plan»

«Quando chiedi denaro pubblico per organizzare un evento sportivo non lo puoi fare con un approccio da bar. Non puoi pensare che basti una bella presentazione che genera entusiasmo popolare perché arrivi subito il Governo e ti finanzi. Se chi voleva il Mondiale di Atletica a Roma avesse avuto un approccio rispettoso delle istituzioni e delle procedure e si fosse mosso per tempo non saremmo arrivati a questo punto». Il ministro dello sport Andrea Abodi respinge al mittente le accuse di non aver sostenuto una candidatura per cui, usando il linguaggio dell’atletica, l’Italia non è nemmeno scesa in pista: a poche ore dalla sfida con Pechino per l’assegnazione dei Mondiali 2027, ieri a Glasgow la Fidal ha ritirato la candidatura «per l’assenza dei requisiti minimi di partecipazione al confronto». Figuraccia annunciatissima: la settimana scorsa Abodi aveva avvertito il presidente Mei che «in assenza di una specifica autorizzazione normativa la formalizzazione degli impegni di spesa richiesti non è tecnicamente possibile». I Mondiali si svolgeranno a Pechino, per il 2029 c’è la candidatura forte dell’India.
«Il governo ha fatto il possibile — chiarisce Abodi — chiedendo nuovamente lo scorso novembre alla Fidal un business plan che sarebbe servito ben prima, ma che è arrivato solo il 24 gennaio. Con tutta la buona volontà è risultato impossibile trovare garanzie pubbliche per coprire gli 85 milioni di euro richiesti». Il ministro ha poi duramente ripreso l’assessore allo sport capitolino Alessandro Onorato («Il suo tono stupisce: a 100 giorni dagli Europei di atletica attendiamo ancora di conoscere il contributo di Roma Capitale all’evento») e precisato che «un grande avvenimento sportivo è motivo di soddisfazione, ma presuppone un metodo all’altezza degli impegni economici che devono essere assunti. Quando si tratta di garanzie per decine e decine di milioni di euro non è più solo un tema sportivo, ma di gestione d’impresa con cautele e valutazioni e non approcci approssimativi ed emotivi».
Gli indizi sul possibile fallimento della candidatura circolavano già da tempo e non erano legati solo al mancato finanziamento pubblico. Due mesi fa, dopo una serie di richiami da parte di una preoccupata federazione continentale, Sport & Salute era intervenuta con un commissariamento soft sul comitato organizzatore degli Europei di Roma del prossimo giugno, in forte ritardo sulle tabelle di marcia: non esattamente un buon biglietto da visita per un evento infinitamente meno complicato di un Mondiale. «A ottobre, novembre e dicembre — spiega Abodi — eravamo in significativa difficoltà per gli Europei, in una condizione quasi impresentabile. Ci abbiamo messo una pezza. Ma come potevamo pensare di organizzare un Mondiale che costa dieci volte tanto senza porre in sicurezza quello che ci attende a giugno e con Roma Capitale che non ha ancora definito il contributo economico? È bello andare alle sfilate, alle inaugurazioni e ai concerti, ma poi non si possono fare dichiarazioni irresponsabili».
Sul fronte Europei filtravano anche dati sulle prevendite davvero modeste di quei biglietti su cui World Athletics ha aspettative molto alte per lasciare eredità sul territorio: alla rassegna londinese 2017, l’ultima nel vecchio continente, vennero bruciati 705 mila tagliandi sfiorando i 400 mila spettatori. Gli ultimi Mondiali in Italia (e a Roma) resteranno quindi quelli del 1987: c’erano Carl Lewis ed Edwin Moses, Francesco Panetta e Maurizio Damilano. Archeologia dello sport.

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