23 Novembre 2024

Fonte: La Stampa

Bruxelles terorismo firoi

Secondo la Procura hanno pianificato gli attacchi in Belgio perché si sentivano braccati

L’arresto di Salah Abdeslam ha provocato le stragi di Bruxelles, ma avrebbe risparmiato un altro attacco su Parigi. Mohamed Abrini, il ladruncolo di Molenbeek amico d’infanzia dei fratelli Abdeslam trasformatosi in terrorista, ha detto agli inquirenti che la cellula jihadista stava preparando un nuovo attacco alla capitale francese, ma dopo l’arresto di Salah ha accelerato i tempi e deciso di entrare in azione scegliendo bersagli in casa.
Una versione che sembra confermare quanto scritto nel “testamento” di Ibrahim El Bakraoui, uno dei due kamikaze dello scalo internazionale, trovato nel computer gettato in un cestino dei rifiuti prima di partire per la missione suicida dall’appartamento di Rue Max Roos a Schaerbeek, il covo scoperto subito dopo l’attacco grazie alla segnalazione del tassista che portò la cellula a Zaventem. «È una prova in più delle elevatissime minacce contro tutta l’Europa e la Francia in particolare», ha detto il premier francese Manuel Valls.
Secondo l’esperto francese di antiterrorismo Claude Moniquet, ex giornalista ed ex agente dell’intelligence, nel mirino c’era La Défense, il quartiere parigino degli affari ad ovest del centro di Parigi dove lavorano decine di migliaia di persone e che è sede di molte multinazionali, grandi ministeri e delle principali società francesi, tra cui Areva, Total e Societé Générale. Insomma, il cuore del potere economico francese, lo stesso che avrebbe voluto colpire anche Abelhamid Abaaoud, la “mente” degli attacchi del 13 novembre, se non fosse stato ucciso dalle teste di cuoio francesi il 18 novembre a St.Denis.
Quel che è certo è che l’ex primula rossa Abrini, catturato venerdì a Anderlecht, sta “cantando”. Ieri ha ammesso di essere l’uomo col cappello poi fuggito a piedi lasciando una valigia-bomba inesplosa a Zaventem. Ma c’è chi dubita delle verità di Abrini. Per l’analista fiammingo Pieter Van Ostayen, le confessioni potrebbero essere invece il tentativo di coprire qualcuno.
Alcuni dettagli suonano certamente poco credibili, come quello che avrebbe «venduto» il famoso cappello dopo essersi invece disfatto della giacca bianca gettandola in un cestino. O anche la storia raccontata da Assia B., la donna con pesanti precedenti psichiatrici che avrebbe dato rifugio ad Abrini a Anderlecht. E che si sarebbe fatta convincere dopo che «l’uomo col cappello» gli ha offerto una birra in un bar. Gesto che mal si concilia col profilo di fondamentalista islamico. Ma d’altra parte i precedenti di tutti gli elementi della cellula Isis di Bruxelles sono da “criminali da strapazzo”. Inclusi quelli di Osama Krayem, improvvisamente partito per la Siria da Rosengard, sobborgo di Malmoe ad alto tasso di emarginazione. Aveva una fedina pensale fatta di piccoli furti e spaccio. Poi «gli hanno fatto il lavaggio del cervello», hanno detto la zia ed un assistente per l’integrazione che lo conosceva bene.
Intanto fonti di polizia lasciano trapelare che c’è ancora un ricercato: il terzo uomo raccolto da Salah Abdeslam il 3 ottobre a Ulm in Germania. Gli altri due, Osama Krayem e Amine Choukri, sono stati arrestati. Del terzo non è stata diffusa l’identità. Il timore è che possa essere lui ad avere la sacca esplosiva che Krayem aveva con sé quando lasciò solo il kamikaze della metropolitana, Khalid El Bakraoui. Era quella sacca-bomba che la polizia cercava ieri a Etterbeek, nel secondo covo della cellula del 22 marzo. Una diversificazione logistica che mal si inquadra nella storia di un attacco compiuto in fretta raccontata da Abrini.

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