Fonte: Corriere della Sera
di Giovanni Caprara
Dalla temperatura al livello dei mari: ecco gli obiettivi che ogni Paese deve raggiungere nei prossimi 15 anni secondo il documento firmato a Parigi da 195 nazioni e in vigore dal 2020
L’accordo
Sono 31 le pagine del testo: un documento che arriva dopo anni di negoziati globali e, soprattutto, due settimane di intensi colloqui per limare i dettagli tra le delegazioni di 195 Paesi. L’accordo, dopo un’ampia introduzione, è stato suddiviso in 29 articoli ai quali gli Stati devono attenersi: ma si tratta di indicazioni che non comportano sanzioni per chi non le rispetta.
Le emissioni: energia pulita per contenere i gas serra
Il punto nodale del riscaldamento della Terra e del conseguente cambiamento climatico riguarda le emissioni di gas serra nell’atmosfera, soprattutto l’anidride carbonica. L’obiettivo da raggiungere per il 2030 è quello di contenere a 40 miliardi di tonnellate le quantità generate dall’attività umana soprattutto da parte dei trasporti e della generazione di energia. Oggi ne produciamo 35,7 miliardi e se continuiamo con questo ritmo arriveremo nel 2030 a 55 miliardi di tonnellate. L’obiettivo è arduo e richiede misure rapide e incisive nelle tecnologie oltre che nelle leggi che le dovrebbero sostenerle e diffonderle. Il margine del contenimento che ci rimane di quattro miliardi in 15 anni costringe a una vera rivoluzione tecnologica e a uno sforzo significativo nella ricerca.
Gli oceani: la protezione delle acque surriscaldate
La protezione delle acque surriscaldate Un altro obiettivo riguarda la protezione degli oceani. L’aumento della temperatura interessa gli strati più profondi dei mari oltre i mille metri di profondità, aumentando pure la loro acidità. Secondo l’Ipcc, l’agenzia ambientale dell’Unesco, gli oceani hanno immagazzinato il 93% del calore prodotto dal genere umano. Le acque più calde impediscono lo sviluppo del plancton e dei pesci antartici, i gasteropodi marini e i molluschi bivalvi non riescono a costruire i loro gusci di carbonato di calcio, i coralli si sbiancano dissolvendosi nell’acqua.
La desertificazione: 100 miliardi all’anno contro l’erosione
L’aumento della temperatura e l’innalzamento del livello dei mari impongono degli obiettivi di protezione stringenti. Per raggiungerli, i Paesi in via di sviluppo chiedono a quelli ricchi il finanziamento annuale di 100 miliardi di dollari. A Parigi si è stabilito che da parte di queste nazioni i tempi per arrivare a dei risultati possano essere più lunghi. Tra le opere di protezione da varare ci sono quelle sulle zone costiere, come la realizzazione di infrastrutture per ridurre ed evitare l’erosione delle coste e l’invasione delle acque nelle zone più critiche.
Le tecnologie: coltivazioni e impianti ecocompatibili
Coltivazioni e impianti ecocompatibili Altro obiettivo è la gene-razione di nuove tecnologie per realizzare impianti o sistemi che emettano minori quantità di gas serra. Il trasferimento tecnologico dovrebbe essere garantito dai Paesi più ricchi. «Per la prima volta si considera l’adattamento al clima da parte delle popolazioni», nota Guido Vis-conti dell’Università dell’Aquila. «Per questo si pone l’obiettivo di cambiare in alcuni territori le coltivazioni agricole con piante più resistenti al mutamento climatico», dice Antonio Navarra, presidente del Centro Euro-Mediterraneo sui cambiamenti climatici.
Il termometro: quei 2° da non superare per evitare il caos
Se si riuscirà a contenere le emissioni a 40 miliardi di tonnellate si potrà di conseguenza garantire che non verranno superati i fatidici due gradi nell’aumento di temperatura generato dall’effetto serra scatenato dall’anidride carbonica. Questo obiettivo è fondamentale perché è legato a due conseguenze importanti oltre la desertificazione da contenere: lo scioglimento dei ghiacci e la crescita del livello dei mari che porterebbe a disastri ambientali nelle terre emerse dove i livelli oggi sono minimi come a Venezia, ad esempio. Alcune isole dell’Oceano Pacifico, inoltre, scomparirebbero. Ma tutto ciò finirebbe anche per aggravare ulteriormente il problema delle migrazioni delle popolazioni in fuga dai territori occupati dalle acque.