19 Settembre 2024

Fonte: La Repubblica

stranieri

di Luigi Ceccarini

Sondaggio Demos.Cresce la diffidenza: per il 40 per cento degli italiani gli immigrati sono un pericolo

La questione dell’immigrazione continua ad essere al centro del dibattito politico. Non potrebbe essere diversamente. Il tema intreccia aspetti importanti della vita pubblica. Rimanda alla problematica della sicurezza e dell’accoglienza. Al significato dei diritti di cittadinanza. Alla coesione sociale. A complicare la questione viene la situazione in aree da sempre problematiche, come il Medio Oriente e l’Africa. Il contesto italiano non sfugge a questa complessa dinamica. Così, il dibattito politico si surriscalda quando si parla di rifugiati o di abolizione del reato di immigrazione clandestina. E la legge di riforma della cittadinanza, ius soli (temperato) e ius culturae, resta bloccata in Parlamento, nonostante l’apertura da parte dell’opinione pubblica (il 70% si dice favorevole).
Le basi dei vari partiti hanno orientamenti diversi. I più diffidenti sono gli elettori della Lega e di Forza Italia. Nell’area di sinistra si registra una maggiore apertura. Tali divisioni rendono difficile la decisione politica. Lo scenario, infatti, si caratterizza per la presenza di crisi sul piano identitario, politico ed economico: 1) il cittadino della società liquida vive una realtà segnata da una perdita di riferimenti tradizionali; 2) sul fronte politico-istituzionale, sfiducia e orientamenti anti-politici aprono spazi a formazioni neo-populiste e spinte sovraniste, venate di orientamenti xenofobi; 3) la lunga crisi economica-finanziaria globale ha prodotto politiche austeritarie. Il grado di benessere, anche dei ceti medi, è declinato nel tempo. La questione immigrazione viene vista con maggior sospetto, specie dai forgotten.
Questo si riflette sull’opinione pubblica e sugli attori della politica. Quando si parla di immigrazione un aspetto fondamentale è quello relativo alla percezione della in-sicurezza. I dati rilevati da Demos dal 1999 ad oggi offrono un trend interessante.
Si osserva un andamento oscillatorio: a cavallo del nuovo millennio, dopo una fase di rientro della preoccupazione (che scende al 33%) riparte l’ansia sociale da in-sicurezza. Tocca il suo culmine tra il 2007 e il 2008, quando un italiano su due (51%) condivideva questo timore. Si tratta di una fase nella quale il nesso tra immigrazione e sicurezza è al centro del dibattito pubblico. Alcuni episodi di violenza, con protagoniste persone straniere, ottengono grande risalto sui mezzi di informazione, pur in assenza di significative variazioni nel numero complessivo di reati. Poi la paura sembra rientrare, lentamente, fino al dato più basso rilevato: 26% a fine 2012. Passata l’emozione, suscitata dalla foto di Aylan, il bambino siriano adagiato senza vita sulla spiaggia turca, la paura riprende la sua corsa. Nelle indagini dell’ultimo anno resta stabile sul 40%. Gli sbarchi e il susseguirsi di attacchi terroristici nel contesto europeo sollecitano la diffusione del clima di paura.
Muri e referendum anti-immigrazione danno consistenza a questo timore latente. Lo legittimano agli occhi dei cittadini. Da Trump a Orban, passando per i sovranisti europei e italiani, è esplicito e continuo (tra tweet e dichiarazioni) il riferimento a questa problematica, reale ma decisamente più complessa delle soluzioni proposte. L’attenzione al popolo, elemento fondamentale della demo-crazia, necessita però di un’etica collettiva di responsabilità anzitutto da parte della classe dirigente: media, politica e leader. E non di follower delle debolezze della società.

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