21 Novembre 2024

Fonte: La Repubblica

Giornata mondiale contro l'AIDS

di Irma d’Aria

Il trend dei contagi è invariato, ma la prevenzione arretra e aumentano le persone che si vedono fatta la diagnosi di Aids mentre ignoravano di essere sieropositive. L’anno scorso in Italia oltre 3695 nuovi casi di positività e 858 di malattia conclamata. Oltre 67 mila casi e 42 mila vittime dal 1982. L’Europa autorizza nuove terapie. La Francia rende rimborsabili gli antiretrovirali per chi è parte di comunità più a rischio

L’incidenza dei contagi resta pressoché invariata negli anni, mentre continua a crescere la percentuale delle persone che arrivano allo stadio di Aids conclamato ignorando la propria sieropositività: erano il 20,5% delle diagnosi di Aids nel 2006, mentre nel 2014 hanno raggiunto quota 71,5%. Non solo: nonostante anni di campagne di sensibilizzazione e informazione, le modalità di trasmissione sono ancora rappresentate nell’84% dei casi da rapporti sessuali senza preservativo sia tra eterosessuali che tra maschi omosessuali. Sono alcuni dei dati diffusi dal Centro operativo Aids dell’Istituto superiore di sanità (Iss) in occasione della Giornata mondiale per la lotta all’Aids, che si celebra il 1° dicembre. Ecco il punto sulla malattia e sui contagi, mentre arriva l’autorizzazione europea per la commercializzazione di un nuovo farmaco che riunisce in una sola compressa quattro principi attivi.
I numeri della malattia – Nel 2014, in Italia, 3.695 persone hanno scoperto di essere Hiv positive; un’incidenza pari a 6,1 nuovi casi di sieropositività ogni 100 mila residenti. La tendenza non mostra particolari variazioni rispetto ai tre anni precedenti e colloca il nostro Paese al 12° posto nell’Unione europea. Le regioni che hanno l’incidenza più alta sono il Lazio, la Lombardia e l’Emilia-Romagna. In Europa il sistema di sorveglianza ha registrato lo scorso anno 142mila nuove infezioni nei 53 paesi della regione europea dell’Oms, di cui circa 30mila nella sola Ue, il numero più alto mai visto da quando è iniziato il conteggio. In Africa, intanto, l’Aids è diventata la prima causa di morte tra gli adolescenti (ogni ora si verificano 26 nuovi contagi). Sono in aumento, segnala un rapporto Oms-Ecdc, le nuove infezioni dovute a rapporti omosessuali, che erano il 30% nel 2005, mentre ora sono il 42%; quelle dovute a rapporti eterosessuali sono il 32%.
Flussi migratori e Hiv – L’enorme incremento dei flussi migratori degli ultimi mesi ha determinato un aumento della richiesta in campo assistenziale anche per problematiche di tipo infettivologico. In base ai dati dell’Iss, il 27,1% delle persone diagnosticate come Hiv positive è di nazionalità straniera. Più in dettaglio, nel 2014, l’incidenza è stata di 4,7 nuovi casi ogni 100.000 tra italiani residenti e di 19,2 nuovi casi ogni 100.000 tra gli stranieri residenti. Il fenomeno tra gli stranieri è percentualmente più evidente nel Lazio, in Campania, in Sicilia e in Molise. Gli esperti della Società italiana di malattie infettive e tropicali sottolineano che non ci sono assolutamente rischi per la salute degli italiani derivanti dai fenomeni migratori. Uno studio presentato pochi giorni fa a Barcellona, al Congresso europeo sull’Aids, dimostra che almeno il 20% della diffusione del virus dell’Hiv tra i migranti riguarda contagi avvenuti dopo l’arrivo in Italia.
Gli uomini più colpiti – Il virus colpisce prevalentemente gli uomini (79,6% dei casi), mentre continua a diminuire l’incidenza delle nuove diagnosi nelle donne. L’età media per i primi è di 39 anni, per le donne di 36 anni. La fascia di età più colpita è quella tra i 25 e i 29 anni (15,6 nuovi casi ogni 100.000 residenti).
Pochi test anche in fasce a rischio – Il 20,62% delle 5703 persone che hanno chiamato la Lega italiana per la lotta contro l’Aids tra il 30 settembre 2014 e il 30 settembre 2015 non avevano mai fatto l’esame dell’Hiv, pur essendo – avendo contattato l’associazione – in qualche modo sensibili al tema. La percentuale di persone che non hanno mai fatto il test raggiunge il 36% del totale nello studio “Questionaids” condotto dalla Lila e dal Dipartimento di Psicologia dell’Università di Bologna su un campione di popolazione generale. “Fare il test rappresenta un problema per sempre più persone” commenta il presidente della Lila, Massimo Oldrini. “Si tratta di un dato che va di pari passo con il fatto che in Italia oltre il 50% delle persone scopre di avere contratto l’Hiv in una fase molto avanzata dell’infezione”.
I casi di Aids – In Italia, dall’inizio dell’epidemia (nel 1982) a oggi, sono stati registrati oltre 67.000 casi di Aids con un’ecatombe di oltre 43 mila vittime. Il progresso della medicina negli anni e la diffusione dei farmaci antiretrovirali hanno portato nel tempo a una netta diminuzione dei casi e dei decessi per Aids. Nel 2014, sono stati diagnosticati 858 nuovi casi pari a un’incidenza di 1,4 nuovi casi per 100.000 residenti, in linea con gli ultimi tre anni. Nel 2014, poco meno di un quarto dei malati conclamati ha eseguito una terapia antiretrovirale prima della diagnosi di Aids. Questa bassa percentuale di persone in terapia è legata al fatto che, al contrario, una quota crescente di persone Hiv positive è inconsapevole della propria sieropositività: tra il 2006 e il 2014, infatti, è aumentata a dismisura la percentuale delle persone che arrivano allo stadio di Aids conclamato ignorando la propria sieropositività, passando dal 20,5% al 71,5%. La colpa è del calo dell’attenzione, delle campagne di sensibilizzazione e dell’allarme sociale, che ha riportato l’opinione pubblica a considerare l’emergenza come limitata a fasce di popolazione di cui si sente di non far parte. Uno studio condotto su 12 Centri clinici di malattie infettive campionati per essere rappresentativi della realtà italiana, risulta che in Italia il 90,9% delle persone diagnosticate con infezione da Hiv è seguito presso i centri clinici di malattie infettive; di questi, il 92,6% è in terapia antiretrovirale, e di questi l’85,4% ha raggiunto la soppressione del virus.
Quattro compresse in una – Sul piano della ricerca, la Commissione Europea ha approvato in questi giorni l’autorizzazione all’immissione in commercio di un farmaco per il regime in singola compressa da assumere una volta al giorno per il trattamento dell’infezione da Hiv (elvitegravir 150 mg/cobicistat 150 mg/emtricitabina 200 mg/tenofovir alafenamide 10 mg, o TAF). Si tratta del primo regime basato su TAF a ricevere il via libera per la vendita nell’Ue. Questo tipo di terapia è indicato per il trattamento degli adulti e degli adolescenti (a partire dai 12 anni e di almeno 35 kg di peso) con infezione da Hiv-1 senza mutazioni note associate a resistenza alla classe degli inibitori dell’integrasi, emtricitabina o tenofovir.
L’arma al selenio – Nuovi strumenti per combattere il virus dell’Hiv arrivano anche dal selenio: a dirlo è un lavoro di ricerca pubblicato sulla rivista americana Journal of Medical Chemistry dai ricercatori del Dipartimento di Scienze farmaceutiche dell’Università di Perugia in collaborazione con il Rega Institute di Lauven in Belgio, leader mondiale per gli studi biochimici sul virus. “Innovativo” spiega Luca Sancineto che ha progettato e sintetizzato le molecole “è il target dei nostri composti, la proteina NCp7. Questo ‘bersaglio’ non è facile da raggiungere e controlla passaggi fondamentali per la vita e la replicazione del virus”. Le molecole selenorganiche intervengono inibendo selettivamente questa proteina e uccidendo il virus con un meccanismo contro il quale il virus non ha, ancora, imparato a difendersi.
L’accesso alle terapie – Nel mondo sono circa 40 milioni le persone con Hiv, 15 milioni di queste hanno accesso alle terapie antiretrovirali, ma nella pratica solo il 25% aderisce correttamente alle cure e quindi ne beneficia. In Italia e nei paesi occidentali il tasso si aggira intorno al 50%. Il resto delle persone non sa di avere l’Hiv, non si presenta ai centri di cura o si perde in corso di terapia, e questo consente il permanere di un rischio di diffusione dell’infezione. Da qui è partito il progetto promosso dall’Istituto Spallanzani e che coinvolge 10 centri specializzati nella cura dell’Hiv in tutta Italia e le associazioni impegnate a livello nazionale nella lotta all’Aids. “Nel 2012 in Italia – evidenzia Enrico Girardi, direttore di Epidemiologia Clinica dell’Istituto Spallanzani, uno dei maggiori centri europei per la diagnosi e cura dell’Infezione da Hiv/Aids – erano inconsapevoli del proprio stato di infezione da Hiv tra le 10.000 e le 12.000 persone in Italia, pari a circa l’11-13% delle persone che hanno contratto l’infezione. Esistono poi persone che non accedono ai centri di cura o non ricevono un trattamento efficace o non lo assumono correttamente.  Bisogna far sì che le persone non abbandonino le terapie rischiando per sé stessi e per gli altri”.
Prevenzione, l’esempio della Francia – Il ministero francese della Salute ha annunciato che renderò disponibile e rimborsabile la PrEP, cioè l’uso di farmaci antiretrovirali, per le persone Hiv-negative ad alto rischio di contrarre l’infezione da Hiv per abbattere tale rischio. “La Francia dimostra di rendersi conto della necessità di prevenire l’infezione da Hiv anche tra coloro che non possono o non riescono ad usare il preservativo costantemente nei rapporti sessuali”, commenta Bruno Marchini, vicepresidente nazionale Anlaids. Si tratta di persone che magari vivono in un gruppo di popolazione dove l’Hiv è più diffuso, come possono essere i gay. “In questo modo quindi le autorità sanitarie francesi riconoscono i bisogni di salute di tutti cittadini senza nessun giudizio morale sui loro liberi comportamenti sessuali”. Diversa, invece, la situazione in Italia: “Mentre il numero delle nuove infezioni da Hiv non accenna a diminuire, anzi sembra in crescita tra i maschi che fanno sesso con maschi, le istituzioni sono ancora arroccate su posizioni conservative” denuncia Marchini.
Hiv e cancro – Il cancro è la prima causa di morte per gli Hiv positivi. Ecco perché è fondamentale che i pazienti partecipino ai programmi di screening anti-cancro. “Grazie ai progressi raggiunti dalla ricerca medico-scientifica nel nostro Paese gli Hiv positivi sono sempre più anziani – afferma Umberto Tirelli, direttore del Dipartimento di Oncologia medica dell’Istituto nazionale tumori di Aviano (Pordenone) – . Infatti tra questa particolare categoria di malati registriamo un aumento di patologie oncologiche legate anche all’invecchiamento tra cui cancro a fegato, prostata, polmone e colon. Sono invece in calo grazie all’efficienza delle terapie anti-Hiv i tumori associati alla grave immunodeficienza come linfomi o Kaposi”. Il motivo è da ricercare nella scarsa prevenzione sia primaria che secondaria. Molte di queste persone, infatti, fumano o abusano di alcol e spesso presentano virus oncogeni come l’Hpv o quelli dell’epatite B e C. Ciò nonostante le donne non svolgono esami diagnostici di routine come il Pap-Test e mammografia. Le pazienti Hiv positive hanno circa 10 volte un rischio maggiore di carcinoma alla cervice uterina rispetto alle altre donne. “Dobbiamo invertire queste pericolose tendenze. Chi ha il virus dell’Aids deve fare gli esami raccomandati alla popolazione generale della stessa età. Bisogna avviare al più presto su tutto il livello nazionale progetti e campagne di informazione specifiche per questa categoria di persone” avverte Tirelli.

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