19 Settembre 2024

Fonte: Huffington Post

di Angela Mauro

Passi in avanti, ma non sulla solidarietà. Il ‘ponte’ tra Draghi e Merkel, anche al G7: lunedì il premier a Berlino

Molto probabilmente i 27 Stati membri dell’Ue non sigleranno un accordo a tutto tondo al Consiglio europeo del 24 e 25 giugno sul nuovo Patto per l’immigrazione, presentato dalla Commissione Europea a settembre. A quanto si apprende da fonti Ue, anche la prossima tappa di discussione dei leader, chiesta e ottenuta da Mario Draghi al summit di maggio, non porterà ad una soluzione sul dossier più difficile per l’Unione. Ma, viene spiegato, i 27 dovrebbero fare un passettino in avanti e raggiungere un’intesa sulla dimensione esterna dell’immigrazione.
Ieri gli ambasciatori degli Stati membri hanno dato il loro ok a trattare ancora sulla costituzione di una vera e propria agenzia europea per l’esame delle domande di asilo. E Draghi, che lunedì avrà un bilaterale con Angela Merkel a Berlino, ha avviato la mediazione con la cancelliera e con la Francia. In particolare, con la leader tedesca il premier ha fatto squadra al G7, frenando l’ansia di Joe Biden di scatenare una guerra commerciale contro la Cina.
Rapporti con Pechino e immigrazione sono dossier che non hanno niente in comune. Ma il ponte che Draghi ha stabilito con Merkel, la leader europea maggiormente interessata a mantenere le relazioni con la Cina per via degli interessi commerciali della Germania, costituisce un nucleo di unità europea utile anche per altri campi. Non a caso, al vertice Nato di lunedì a Bruxelles, subito dopo il G7 in Cornovaglia, nelle poche dichiarazioni rilasciate, Draghi non ha mancato di sottolineare l’importanza della “autonomia strategica europea”, della serie “una Ue più forte significa anche una Nato più forte”.
Dunque, punto di partenza sono le buone relazioni nell’Ue e la capacità di mediazione, soprattutto sull’immigrazione, materia sulla quale l’Italia, paese esposto ai flussi del Mediterraneo, ha accumulato finora una lunga serie di delusioni, mancati accordi con i partner Ue, porte in faccia alla richiesta di solidarietà. Ecco, in vista del Consiglio europeo della prossima settimana, Draghi ha mosso una pedina sulla scacchiera di questo complicato dossier. Ieri alla riunione degli ambasciatori degli Stati membri, l’Italia, insieme ai paesi Mediterranei Spagna, Grecia, Cipro, Malta (Med 5), ha confermato la disponibilità a trattare per raggiungere un accordo sull’agenzia europea sul diritto di asilo al summit della prossima settimana.
Si tratta di un’importante tassello della cosiddetta ‘dimensione esterna’ dell’immigrazione, che, basandosi sugli attuali quadri di partenariato dell’Ue in materia di migrazione, mira a rafforzare i partenariati internazionali al fine di garantire rimpatri efficaci, combattere più efficacemente il traffico di migranti e sviluppare canali di migrazione legale. In sostanza, accordi con i paesi africani per limitare le partenze. In passato, nel 2016, la Corte dei conti europea aveva criticato la gestione della dimensione esterna per mancanza di una strategia chiara, invitando gli Stati membri a garantire “coordinamento” e anche un “quadro d’insieme dei finanziamenti che specifichi chi, tra la Commissione e gli Stati membri, finanzi cosa”.
Secondo fonti europee, la probabile intesa sulle verifiche delle domande di asilo è un primo passo per riordinare la parte del dossier immigrazione legata alla dimensione esterna. Si tratta di riformare l’Easo (European asylum support office), trasformandolo in una vera e propria agenzia operativa, capace di inviare un proprio staff negli Stati membri che chiedano assistenza nell’esame delle domande di asilo. Finora il club dei Med 5 non ha mai voluto trattare su questo punto senza passi significativi sulla redistribuzione dei migranti che arrivano sulle coste mediterranee. La richiesta è sempre stata: o si tratta su tutto e subito, o niente.
Secondo quanto raccontano fonti qualificate a Bruxelles, l’arrivo di Draghi al governo in Italia ha portato a questa prima mediazione. Ok alla trattativa sull’Easo. È un segnale di disponibilità verso i paesi non mediterranei dell’Ue e insieme il tentativo di spacchettare una materia che ha sempre portato i rapporti tra gli Stati membri ai ferri corti, nella speranza che il metodo migliori la sostanza.
Dunque è sulla dimensione esterna che i 27 potrebbero ritrovarsi al Consiglio europeo della prossima settimana. Un summit che verrà preparato da bilaterali molto densi: quello tra Merkel ed Emmanuel Macron domani a Berlino, mentre lunedì sarà la volta di Draghi. Proprio dal colloquio tra la cancelleria e il premier italiano potrebbe emergere un primo abbozzo dell’accordo che poi approderà al vertice con gli altri leader.
Sulla griglia di partenza non c’è ancora nulla che parli di redistribuzione di chi arriva dall’Africa tra i paesi Ue. Del resto, le elezioni tedesche a settembre e le presidenziali in Francia l’anno prossimo stanno bloccando vari dossier, non solo l’immigrazione, ma anche l’unione bancaria, per dire. Ma la speranza italiana è che “rimettere in carreggiata la gestione della dimensione esterna dovrebbe limitare le partenze, pre-condizione per poi passare al capitolo solidarietà. Anche perché, facendo il contrario, si rischia di dare un segnale di apertura incontrollata delle porte dell’Europa. Invece si punta ad arrivare a gestire le partenze solo con i corridoi legali e umanitari”.
Messa così, si capisce che la parte della solidarietà finisce in secondo piano. E non è ancora chiaro quali saranno i passi concreti che potranno dare risultati in tempi brevi sulla dimensione esterna. Alla vigilia del summit europeo, il 23 giugno, a Berlino si terrà la seconda conferenza sulla Libia, dopo quella del gennaio 2020. In agenda, le elezioni di fine anno e il processo di stabilizzazione del paese, passaggi cruciali per cercare di fare della Libia un porto sicuro. Secondo l’Organizzazione Internazionale per le migrazioni (Oim) oltre 13mila migranti sono stati recuperati in mare dalla guardia costiera libica dall’inizio del 2021, numero che ha già superato la cifra del 2020. Ma, annota l’Oim insieme all’Unhcr, “nessuno dovrebbe essere riportato in Libia dopo essere stato salvato in mare”, perché “la Libia non può essere considerato un posto sicuro”.
La prossima settimana, proprio nei giorni del Consiglio Europeo, diverse ong tra cui European Alternative, Mediterranea, Sea Watch e altre, riunite nel Consorzio ‘From the Sea to the City’, nato l’anno scorso, si ritroveranno a discutere di immigrazione a Palermo, insieme ai sindaci di Valencia, Barcelona, Villeurbanne, Parigi, Marsiglia, Monaco di Baviera, Mannheim, Düsseldorf, Flensburg, Bergamo, Bologna, Bari, Reggio Calabria, Lampedusa, Pozzallo, Atene, Tunis e Potsdam. L’evento è organizzato dalla città di Palermo e Potsdam. Parole d’ordine: “basta alle morti in mare, per difendere il diritto alla vita e costruire una nuova visione del mondo fondata sul diritto alla mobilità degli esseri umani”.

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