20 Settembre 2024

Fonte: Corriere della Sera

di Viviana Mazza


Si sono aperti ieri i lavori «virtuali» del summit Women 20, l’engagement group ufficiale del G20, quest’anno presieduto dall’Arabia Saudita, che ha il compito di avanzare proposte e raccomandazioni sulla parità di genere ai leader delle principali economie mondiali. Alla tre giorni partecipano oltre 80 esperte di Ong, aziende, istituzioni accademiche, che discutono come «realizzare le opportunità del XXI secolo» per tutti e per tutte. Per l’Italia parlerà domani Linda Laura Sabbadini, pioniera delle statistiche di genere, che sarà Chair della presidenza italiana il prossimo anno. Le organizzazioni per i diritti umani non chiedono un boicottaggio, come quello che diversi sindaci — di Londra, Parigi, New York, Los Angeles — hanno deciso per il summit delle città, l’Urban 20, tenuto nell’anniversario dell’assassinio del giornalista Jamal Khashoggi nel consolato saudita di Istanbul.
Amnesty International e Human Rights Watch però invitano le partecipanti a parlare chiaro: avete «l’opportunità e la responsabilità» di chiedere il rilascio delle attiviste per i diritti delle donne che si trovano in carcere a Riad, non «fatevi usare» e incoraggiate riforme significative. Il volto di questa campagna è quello di Loujain Al Hathloul, una di 17 attivisti per i diritti umani — quindici donne, due uomini — arrestati nel 2018 (mentre il Regno metteva in atto riforme come la guida dell’auto per le donne) con l’accusa di minare la stabilità con l’assistenza economica di «entità straniere» e sovvertire le tradizioni nazionali e religiose. Cinque di loro restano in prigione: Samar Badawi, Naseema al-Sada, Nouf Abdulaziz, Maya’a al-Zahrani e la stessa Loujain che secondo i familiari è stata sottoposta a torture e aggressioni sessuali. Sua sorella Lina chiede su Twitter alle partecipanti al W20: «Per favore, chiedete il suo rilascio». E a Riad: «Liberate i prigionieri di coscienza, se volete provare che il Regno è cambiato».

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