Fonte: Corriere della Sera
di Pierluigi Battista
Se si è malati gravemente, si accettano per forza limitazioni e sottrazioni di sovranità personale, ma si pensa sempre al momento in cui tutto tornerà come prima e si riprenderà forza, salute e anche libertà
Bisogna essere ottimisti, finirà prima o poi, ne usciremo dopo aver dimostrato la nostra forza d’animo e il nostro coraggio. Ma bisogna essere attenti, perché quando tutto sarà finito non avremo finito per esserci assuefatti al peggio, alla cancellazione delle nostre libertà, alla messa tra parentesi di alcuni nostri diritti che ci sembravano intoccabili. Se si è malati gravemente, si accettano per forza limitazioni e sottrazioni di sovranità personale, ma si pensa sempre al momento in cui tutto tornerà come prima e si riprenderà forza, salute e anche libertà. Con questa gigantesca e necessaria, più che necessaria beninteso, clausura sociale si rischia invece di dimenticare che bisogna tornare, sul piano del rispetto delle libertà individuali, esattamente al punto di prima; al punto di una società libera, dove il controllo sociale deve conoscere dei limiti invalicabili, dove l’intromissione del potere pubblico nella vita privata è arginata.
Quello che stiamo vivendo è necessario, ma un giorno non dovremo rimpiangerlo come un momento che deve essere chiuso, archiviato anche nella testa e nei comportamenti. Si percepisce invece un’aria di: stiamo riscoprendo le virtù di una società meno sfrenata, più disciplinata, meno ripiegata sulla dimensione individuale. E invece no: l’emergenza è tale perché è a tempo, il tempo necessario per renderla inutile, per riprendersi la libertà dei movimenti, la libertà di scelta, la libertà di consumare, la libertà di decidere autonomamente, nel rispetto pieno dell’autonomia individuale, ciò che riteniamo possa essere il frutto di deliberazioni, bisogni, desideri che ci appartengono e devono continuare ad appartenerci. La guerra richiede sacrifici, ma perché si possa tornare in tempi di pace dove tutti i sacrifici della guerra acquistano un senso. Ecco perché bisogna essere ottimisti: tutto questo finirà, ma finirà, deve finire, anche l’abitudine all’illibertà. Tutto questo finirà ma non dobbiamo immaginare che sia giusto espiare per colpe passate del nostro modo di vivere. Non abbiamo nessuna colpa da espiare. Dobbiamo vincere la battaglia contro il virus e riprenderci i nostri diritti e rivendicare i valori di una società libera formata da individui liberi. Che oggi sono impegnati in uno sforzo immane per tornare ad essere quelli di prima. Liberi anche di ripensare i propri errori. Liberi.