21 Novembre 2024

La soluzione che offre le maggiori garanzie è affidarsi a un’Assemblea Costituente eletta con metodo proporzionale

È opportuno che qualsiasi revisione della Costituzione, specie se mirata a introdurre importanti riforme della forma di governo e del rapporto tra Stato e Regioni avvenga nella maniera più consensuale possibile. Se la ricerca del massimo consenso è un reale fine di chi propone una nuova stagione di riforme, è necessario che il confronto tra maggioranza di governo e opposizione avvenga innanzitutto sulla procedura da seguire per la revisione della Costituzione.
Le alternative sono note: ricorso all’articolo 138 previsto dalla stessa Carta; o una Commissione Bicamerale rappresentativa dei gruppi parlamentari e quindi dei risultati elettorali; o elezione di una Assemblea Costituente. In un sistema politico come quello italiano altamente polarizzato, il ricorso all’articolo 138 o a una Commissione Bicamerale consegnerebbe le riforme alla maggioranza parlamentare di turno. Se tale maggioranza parlamentare fosse espressione di una effettiva maggioranza di elettori, come avverrebbe se il sistema elettorale fosse sostanzialmente proporzionale, riforme varate secondo l’articolo 138 o da una Commissione Bicamerale risponderebbero, indipendentemente dalla loro bontà, almeno al requisito di rappresentare la volontà della maggioranza dei cittadini. Non così in presenza di leggi elettorali maggioritarie, siano queste a turno unico o a doppio turno. Non si dimentichi infatti che malgrado l’affermazione della presidente del Consiglio di aver ricevuto dagli elettori il mandato di modificare la forma di governo, la somma alla Camera dei voti dei partiti di opposizione è stata superiore a quella dei partiti della coalizione di governo di circa 5 punti (48,74% contro 43,78%). Quanto alla affermazione della presidente Meloni di voler rispecchiare la volontà degli italiani, si ricordi che l’affluenza essendo stata inferiore al 64% degli aventi diritto il 26% riportato da FdI rappresenta solo il 16,7% degli elettori. La vittoria del centro-destra è stata insomma dovuta alla sua capacità di presentarsi unito nei collegi maggioritari, e alla insipienza della leadership del centro-sinistra che, al contrario, non ha saputo né cambiare la legge elettorale quando aveva i voti per farlo, né raggiungere — come nel 1996 — almeno accordi di desistenza, che specie nel Sud avrebbero evitato la vittoria del centro-destra. Abbiamo così una maggioranza parlamentare che non rappresenta la maggioranza degli elettori.
Che leggi elettorali maggioritarie possano portare a maggioranze parlamentari che non sono rappresentative della maggioranza degli elettori è del resto fenomeno ampiamente noto su base comparata, tale da provocare crescenti instabilità di governo in Paesi un tempo considerati stabili come il Regno Unito, o tale da rimettere in discussione la capacità del doppio turno di collegio di produrre stabili maggioranze parlamentari come sta avvenendo in Francia. In queste condizioni, aggravate in Italia dalla polarizzazione e frammentazione del nostro sistema di partiti, appare preferibile ricorrere a un sistema proporzionale.
Una forte perplessità nei confronti di una revisione costituzionale affidata all’articolo 138, o a una Bicamerale, non è dunque conseguenza di un giudizio su tali procedure, quanto di una constatazione degli effetti prodotti dall’attuale legge elettorale sulla composizione del nostro Parlamento. Mentre un ricorso all’articolo 138 o a una Bicamerale sarebbe non solo perfettamente legittimo ma anche del tutto adeguato nel caso di un Parlamento eletto con una legge elettorale proporzionale, le conseguenze dell’attuale legge elettorale rendono queste due procedure molto rischiose perché trasformerebbero le riforme costituzionali da auspicato momento di convergenza in espressione di una volontà di parte, non suffragata da una maggioranza numerica di elettori.
Nelle attuali condizioni la scelta procedurale di un’Assemblea Costituente è dunque una scelta di garanzia tesa a impedire che la riforma della Costituzione sia lasciata alla volontà di una minoranza di elettori. Alla luce della frammentazione delle opposizioni non si può nemmeno escludere che l’attuale maggioranza parlamentare non possa raggiungere la soglia che impedirebbe il ricorso a un referendum confermativo. Come noto, le assemblee costituenti vengono usualmente elette con un sistema proporzionale.
Il solo motivo negativo addotto contro il ricorso a una Assemblea Costituente è il timore che questa una volta eletta potrebbe mettere mano a una riforma dell’intera Costituzione e non solo della sua seconda parte. Poiché l’Assemblea Costituente sarebbe convocata con legge costituzionale, una tale legge potrebbe però porre limiti al processo di revisione e indicare che questo si deve limitare alla sola seconda parte della Costituzione.
In conclusione, prima di iniziare un confronto di merito sulle riforme è auspicabile verificare se l’attuale maggioranza di governo è davvero disponibile a ricercare soluzioni consensuali. Se lo è, dovrebbe cominciare con l’accettare che la revisione della Costituzione venga affidata a una assemblea eletta con metodo proporzionale. Al termine della guerra del Vietnam occorse molto tempo per decidere la forma e le procedure del tavolo delle trattative. La procedura è spesso sostanza. Anche per la riforma della nostra Costituzione se la maggioranza di governo vuole veramente ricercare un consenso accetti che le soluzioni devono emergere da una assemblea eletta con metodo proporzionale.

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