19 Settembre 2024

Fonte: La Stampa

attentato-berlino

di Paolo Colonnello e Francesco Grignetti

Amri filmato alla stazione di Milano. Si temono ritorsioni contro le forze dell’ordine

Un tassello alla volta, sta emergendo il tragitto di Amis Amri che l’ha condotto nel giro di 4 giorni da Berlino al piazzale di Sesto San Giovanni. E dunque ora è chiaro che Amri giovedì 22 salì su un treno veloce francese a Lione (ci sono le immagini), tirò dritto a Chambery (e infatti non lo si vede), cambiò treno a Bardonecchia (l’immagine c’è) per salire, dopo circa un’ora di attesa sulla banchina, su un regionale che l’ha portato a Torino. Qui, alla stazione di Porta Nuova, s’è attardato per circa un’ora nell’atrio e davanti alle biglietterie automatiche. Secondo quel che raccontano i video, è sempre solo.
Amri arriva a Milano, alla Stazione centrale e le telecamere lo immortalano nella Galleria delle Carrozze, alle 24.58 del 23 dicembre. Cappellino e zainetto, sembra un viaggiatore come tanti.
A quell’ora la linea 1 della metropolitana è ancora attiva, ma lui non ne usufruisce. Gli occhi elettronici della stazione lo riprendono a più riprese mentre vaga. Forse cerca aiuto. O aspetta qualche vecchia conoscenza. Apparentemente non sembra telefonare. Si rivolge invece ad altri giovanotti arabi, probabilmente per chiedere indicazioni. Più tardi, il film muto delle telecamere di sorveglianza lo mostra in strada, tra piazza Duca d’Aosta e piazzale Loreto, finchè, alle 2.20 sale su un bus notturno che in poco più di mezz’ora lo porta a Sesto.
L’ipotesi prevalente, a questo punto, è che Amis Amri non intendesse nascondersi a Sesto San Giovanni, ma volesse ripartire al mattino con un pullman per il Sud Italia, dove forse avrebbe potuto riallacciare vecchi rapporti dei tempi del carcere e dello spaccio. E magari, quando si fossero calmate le acque, avrebbe provato a riparare in Nord Africa.
Mentre sono serrate le indagini dell’Antiterrorismo per identificare i possibili contatti di Amri in Italia – si confida molto sullo smartphone, sulla scheda Sim olandese che aveva nello zaino, sul computer del nipote, e sulla corrispondenza affidata ai social, vanamente protetta da un codice già decrittato – le forze di polizia si preparano a superare la prova del Capodanno. Le circolari del prefetto Franco Gabrielli invitano alla massima cautela. L’incubo del Viminale è una «azione ritorsiva» di qualche fanatico: non serve nemmeno che si attivi una cellula di jihadisti, per rovinare le Feste è sufficiente che un «lupo solitario» si senta chiamato all’azione e colpisca la prima persona in divisa che incontra. Ci sono i precedenti di Londra e di Parigi, con soldati o agenti aggrediti per puro odio.
A rafforzare l’apparato di risposta a un eventuale atto terroristico, sono ormai 800 gli agenti o i carabinieri che hanno avuto un addestramento supplementare antiterrorismo e si aggiungono con auto blindate e armi potenti ai normali servizi di pattugliamento nelle città italiane. Ma anche le forze armate sono chiamate a fare la loro parte.
Di recente l’Aeronautica militare ha trasferito due jet a Cameri (Novara) per proteggere adeguatamente anche le città del Nord. Per ordine del nuovo capo di stato maggiore dell’Aeronautica, generale Enzo Vecciarelli, gli elicotteri del servizio Sar (search and rescue) che normalmente devono essere pronti a decollare per il soccorso, ormai sono armati di una mitragliatrice che potrebbe essere utile contro altri elicotteri, droni o ultraleggeri che avessero intenzioni ostili.
Anche i velivoli che si alzano in volo per addestramento devono essere armati, per muoversi in caso di necessità. Così, ad esempio, cinque giorni fa, quando si è verificato il dirottamento di un aereo libico, non soltanto si sono alzati in volo due caccia intercettori Eurofighter dalla Puglia, ma è stato dirottato in zona un aereo cisterna che stava facendo addestramento da tutt’altra parte.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *