I recenti interventi furono contestati dagli ambientalisti: «Pericolosi in caso di piena»
Verifiche, ispezioni aeree, acquisizioni. E prime audizioni informali dei testimoni dell’esondazione. Procede a tappe forzate l’inchiesta della procura di Ancona sull’alluvione nelle Marche. Ieri i sopralluoghi dei carabinieri forestali e del reparto operativo nei luoghi dove la prevenzione è mancata e dove i recenti lavori sugli argini del fiume Misa potrebbero aver aggravato la situazione. L’ultimo allarme degli ambientalisti in questo senso è del 28 marzo: l’associazione Confluenze aveva segnalato alla Regione Marche una strozzatura naturale nel corso d’acqua a Borgo Bicchia, una delle zone più colpite anche dall’alluvione del 2014, scoperta in seguito all’abbattimento di alcuni alberi. Il presidente, Luciano Montesi, aveva fatto notare che più a valle, sulla sponda sinistra, erano stati sì rinforzati gli argini ma questo aveva aumentato la strozzatura che avrebbe potuto aggravare la situazione in caso di piena.
«Ci occupiamo di alcuni tratti del Misa — spiega oggi Montesi — ma troppo poco è stato fatto per mettere in sicurezza il fiume. Parliamo di un torrente di 40 chilometri che non ha retto alla forza della pioggia di giovedì». Dal 2015 i comuni della zona alluvionata speravano che il disastro non si sarebbe ripetuto con la firma del «Contratto di fiume» per i territori del bacino idrografico del Misa e del Nevola, siglato il 26 marzo di quell’anno fra i sindaci dell’area, la Regione, il Consorzio di bonifica, le associazioni ambientaliste e altri enti.
Conteneva progetti per lavori di bonifica degli argini e per affrontare le criticità dei due corsi d’acqua. «Fino al 2018 non ha portato a nulla, poi la giunta è cambiata. Speriamo che venga ripreso in mano», auspica Montesi. Altre volte invece sono stati proprio i ricorsi degli ambientalisti ad aver bloccato i lavori. Come è accaduto alla foce del Misa, con il dragaggio fermato da due anni da una disputa su dove smaltire la sabbia. Oppure come a Bettolelle dove c’è il cantiere della vasca di espansione che doveva far defluire tre milioni di metri cubi d’acqua dal Misa, per evitare l’allagamento di Senigallia: le proteste hanno fatto ridurre la portata a un milione di metri cubi. Il consorzio di imprese che si era aggiudicato la gara ha firmato il contratto il 29 settembre 2019. Durata prevista 510 giorni. Consegna parziale prevista per il 24 gennaio scorso. Ma i lavori sono appena iniziati. Ora gli investigatori verificano le procedure attuate per capire se l’estrema urgenza sia stata rispettata.
C’è poi il nodo dell’allerta non scattata. Il bollettino della Protezione civile regionale di mercoledì 14 per il giorno dopo dava come possibili fenomeni avversi nelle Marche solo «raffiche di vento in corrispondenza dei fenomeni temporaleschi più intensi». Allerta gialla nelle zone 1 e 3 , non nella 2 e nella 4, che comprendono Ostra e Senigallia, ad esempio, dove era verde. Nulla che facesse presagire l’alluvione che ha gonfiato il fiume fino a 10 milioni di metri cubi d’acqua. L’allerta c’era invece per l’Umbria. Un errore meteo o di chi lo ha diramato?