Fonte: Huffington Post
di Angela Mauro
Nessun paese europeo si è fatto avanti per accogliere. Draghi punta al Consiglio del 24-25 maggio. Onu: “Ue sia solidale”
Anche stavolta sembra che l’Italia dovrà gestire da sola gli arrivi di migranti dal nord Africa, a fronte degli sbarchi in aumento rispetto all’anno scorso e anche due anni fa. Fonti europee riferiscono che finora nessuno Stato ha risposto alla richiesta di solidarietà da parte del governo di Roma. Eppure l’Italia sta chiedendo il minimo sindacale: non un meccanismo che obblighi i governi ad accogliere i migranti, ma un sistema su base volontaria per gestire gli arrivi dell’estate, in attesa che si raggiunga un accordo sul ‘Nuovo patto per l’immigrazione’ proposto dalla Commissione Europea. Le interlocuzioni proseguono, ma finora nessun risultato. Oggi la richiesta è stata ribadita dal ministro dell’Interno Luciana Lamorgese nel vertice europeo con i paesi africani a Lisbona e dal sottosegretario agli Affari Europei Enzo Amendola al Consiglio Affari generali a Bruxelles. Ma il tema fa fatica a conquistare un posto in prima fila nell’agenda europea.
Mario Draghi non pretende che l’Ue sigli con la Libia un accordo sull’immigrazione come quello voluto dalla Germania con la Turchia: in sostanza, soldi (6 miliardi nel caso dell’intesa Bruxelles-Ankara firmata nel 2016) in cambio dell’impegno a fermare i flussi. Non è questa la via, precisano da Palazzo Chigi, anche perchè in Libia non c’è un governo stabile e poi questa strada non è mai stata caldeggiata nell’Ue. Però il premier chiede che l’Unione riservi maggiore attenzione al Mediterraneo, stanziando anche più fondi per tutti i paesi africani interessati alle partenze dei flussi verso l’Europa. Draghi punta al Consiglio europeo del 24 e 25 maggio, preparato oggi dalla discussione nel Consiglio Affari Generali.
Amendola ha fatto da apripista, ponendo il tema anche se non era in agenda oggi. “Ho sollevato un tema che non riguarda solo il nostro paese, ma l’Europa, le nostre frontiere – dice il sottosegretario al termine della riunione a Bruxelles – L’auspicio è che, mentre si continua a negoziare il nuovo Patto sulle migrazioni e l’asilo, si dia una risposta urgente agli sbarchi in corso, nel segno della solidarietà europea. La frontiera marittima italiana è una frontiera europea”.
Ma stavolta la situazione è più complicata rispetto agli anni scorsi. Primo perché l’emergenza covid ha distolto quel poco di attenzione che c’era sui flussi migratori. E poi perché viene a mancare l’assist della Germania, che negli anni scorsi si è dimostrata lo Stato più disponibile a dare una mano sull’accoglienza: a settembre in Germania ci sono le elezioni e il tema immigrazione è argomento sensibile in campagna elettorale. Lo è anche in Francia, dove Emmanuel Macron si ritrova a inseguire Marine Le Pen in vista delle presidenziali dell’anno prossimo. Non che la Francia abbia dimostrato grande solidarietà in passato, ma, ecco, quest’anno c’è un elemento in più che riduce le aspettative. Quanto alla Spagna, dopo la batosta elettorale nella regione di Madrid, anche il socialista Pedro Sanchez non ha molto spazio di manovra.
Il quadro dunque è complesso. Come se non bastasse, i progressi sul ‘Nuovo Patto sull’immigrazione’ sono “lenti”, per ammissione della stessa Commissaria Ue Ylva Johansson al termine della riunione di Lisbona, dove i ministri degli Interni europei hanno incontrato i rappresentanti di vari paesi africani tra cui Libia, Tunisia, Marocco e anche i responsabili di Frontex, Unhcr, Oim. Lamorgese insiste sulla necessità di recuperare gli accordi di solidarietà decisi a Malta nel 2019, accordi che coinvolgevano solo Italia, Malta, Germania e Francia ma che sono rimasti comunque lettera quasi morta, ‘sepolti’ dall’emergenza covid.
È necessario “realizzare interventi strutturali nel sistema di gestione del fenomeno all’interno dell’Unione europea – dice la titolare del Viminale – con l’attivazione di concreti e solidi meccanismi di solidarietà, anche d’emergenza, sul modello di quelli previsti a Malta nel 2019, nonché attuare una strategia condivisa per la lotta ai trafficanti di esseri umani e il contrasto alla tratta e alla immigrazione illegale”.
Anche l’Onu sprona l’Ue a condividere le responsabilità. Dal momento che il 90 per cento di chi scappa da situazioni di conflitto si trova nei Paesi in via di sviluppo, l’Ue ha un ruolo chiave nel sostenere i Paesi che ospitano rifugiati, è l’appello di Filippo Grandi, Alto commissario dell’Organizzazione delle Nazioni Unite per i rifugiati (Unhcr), che oggi ha avuto un colloquio con l’Alto rappresentante Ue per la politica estera, Josep Borrell, a Bruxelles. Grandi viene ricevuto anche da David Sassoli. “È stato un onore dargli il benvenuto – dice il presidente del Parlamento europeo – Gli eventi nel Mediterraneo centrale dimostrano che è necessaria una forte iniziativa dell’Unione europea per salvare vite umane in mare e proteggere le persone bisognose”.
Ma l’iniziativa sembra resti italiana, almeno alla luce delle prime reazioni arrivate dall’Ue. Dalla Commissione fanno notare che “ci sono oltre cento ufficiali di Frontex, una ventina di agenti dell’Europol e 130 funzionari dell’Easo”, l’ufficio europeo di supporto alle procedure d’asilo, ad assistere le autorità italiane nelle operazioni di sbarco. Stop. Ma intanto a Lampedusa l’hotspot è stracolmo dopo pochi giorni di maxi-sbarchi.