Fonte: Huffington Post
di Lucia Annunziata
L’estate è un momento fatale per Angela Merkel. L’anno scorso in un caldo agosto prese la più importante decisione per sé, per il suo paese, e, come poi si è visto, per il futuro dell’Europa: aprire le frontiere tedesche a un milione di rifugiati. Alla fine di quell’annuncio la ascoltarono mormorare “Wir schaffen das”, “Possiamo farlo”.
È di nuovo agosto, e di nuovo la cancelliera ha fatto ricorso alla stessa formula, riaffermando un anno dopo la sua scelta di allora, ma nell’infiammato clima di una settimana di attacchi terroristici su suolo tedesco, di cui almeno due per mano di nuovi migranti entrati allora, la cancelliera: “Per me è chiaro: manterremo i nostri principi”, quelli della Costituzione in cui è scritto che “la dignità umana è inviolabile”. “Questi principi significano che daremo asilo a coloro che sono perseguitati per motivi politici e daremo protezione a coloro che fuggono la guerra e le espulsioni, secondo la Convenzione di Ginevra”. Come si diceva, ha concluso, ma stavolta a voce alta, con un “Sono ancora convinta che possiamo farlo”.
Non deve esser stato facile prendere questa decisione, visto che la Merkel ha interrotto con la conferenza stampa un silenzio di vari giorni dopo il suicidio bomba di Ansbach, che ha segnato il primo attacco ufficiale dell’Is in Germania. Ma soprattutto questa decisione non era scontata, perché non avvantaggia certo la personale forza politica della Cancelliera stretta da un mare di accuse dentro e fuori casa per la decisione di un anno fa.
Il prezzo interno che la Merkel pagherà è in parte già stato anticipato dalle elezioni locali di questa primavera. Che hanno segnato il successo, tra l’altro, del partito anti-immigranti Alternativa per la Germania, che in queste ore ha subito replicato alle parole della Merkel con un efficace: “Le parole ‘possiamo farlo’ suonano come una presa in giro di tutte le vittime del terrorismo”.
La destabilizzazione maggiore arriva però alla Cancelliera dalla sua area politica. Ad esempio, in Bavaria, dove è avvenuto uno degli attacchi islamisti, i leader della Unione Cristiano Sociale, che governa come parte della coalizione di Merkel, proprio in questi giorni si sono ribellati alla politica dell’accoglienza. Non è ormai più un mistero per nessuno la lotta contro la Merkel della parte più conservatrice del suo governo, ben rappresentata dal ministro delle Finanze Wolfgang Schäuble, e da forti ambienti economici. Come ha scritto subito dopo la Brexit Sven Afhueppe, direttore di Handelsblatt, il principale quotidiano economico tedesco. “In Europa non può continuare la politica del business as usual, e ciò vale in particolare per la cancelliera Angela Merkel, che ha sottovalutato sistematicamente l’ascesa della destra populista del partito Alternativa per la Germania”.
Di fronte a questo cumulo di tensioni e disaccordi, non era scontato, come si diceva, che la Merkel ribadisse la sua linea. È solo un azzardo? Non del tutto. Intanto, dopo l’accordo con la Turchia il numero dei rifugiati in Germania è sceso in questi ultimi mesi: a giugno 16.335, rispetto ai 206.101 di novembre. A favore della politica di accoglienza c’è inoltre la “bomba demografica delle pensioni” costituita dall’alto numero di lavoratori che lasceranno il posto nei prossimi anni e per cui non c’è un rimpiazzo generazionale adeguato. Una situazione che i nuovi immigrati rifugiati potrebbero compensare, nelle intenzioni della cancelliera.
Qualunque situazione si determinerà ora, come dopo l’estate scorsa, di sicuro possiamo dire che l’impatto conseguente sarà avvertito in tutta Europa. Nel 2017 infatti la Germania andrà a elezioni generali per scegliere il Parlamento e il cancelliere. Il voto è parte di un infernale girone di elezioni politiche avviate dalla Brexit di poche settimane fa: a novembre di quest’anno si eleggerà il presidente Usa, a primavera del 2017 si voterà anche in Francia per il presidente della Repubblica e poco dopo, per il Parlamento. Ancora nel 2017 arriveranno a scadenza i presidenti del Consiglio europeo, Donald Tusk (maggio), e del Parlamento europeo, Martin Schulz (gennaio).
Il peso delle elezioni tedesche sarà determinante per le istituzioni europee perché la Germania che ha la popolazione più numerosa e la prima economia, detiene anche più seggi parlamentari e tante posizioni politiche e amministrative di potere. Quello che avverrà nelle urne tedesche – fra spinte isolazioniste, razziste, egemoniche o europeiste – darà il tono all’intero continente. Ha fatto dunque bene o fa male Merkel, in questa drammatica situazione a tenere il punto?
Forse un ulteriore giudizio andrà dato preso guardando a tutto ciò anche con una lente più larga.
Non c’è bisogno di sottolineare quanto somiglia il “possiamo farlo” della Cancelliera al “Yes, we can” di Obama. È lo stesso Obama che nelle stesse ore, presentando Hillary Clinton, ha difeso i medesimi principi di continuità nella difesa dei valori universali della civiltà occidentale. Così come ha fatto il Papa, anche lui quasi in contemporanea, muovendosi sullo stesso scenario di guerra con la certezza di chi rifiuta parossismi, paure e generalizzazioni.
Forse il punto è proprio questo: forse una coalizione sta nascendo, che ai molti populisti che vogliono alzare muri intorno al mondo oppone un altro muro fatto delle convinzioni, della certezza e della solidità di chi siamo. Anche nella perdita, nel sangue, e nella paura. Vedremo.