22 Novembre 2024
bambini dad computer

bambini dad computer

Fonte: Corriere della Sera

bambini dad computer

di Federico Fubini e Simona Ravizza

Un mese fa la dottoressa Roberta Rubbino si è trovata in una situazione per lei nuova: non sapeva dove far ricoverare un paziente. Responsabile per l’area dell’età evolutiva all’Istituto Beck di Roma, un centro affiliato alla Società italiana di psicoterapia, Rubbino le aveva provate tutte. La neuropsichiatria infantile del Policlinico Umberto I di Roma non aveva un solo letto libero. Il servizio psichiatrico dell’ospedale Sant’Eugenio neppure. Il paziente, un ragazzo di 16 anni con un disturbo grave della condotta e comportamenti impulsivi, ha finito per aspettare due giorni in un pronto soccorso.
Non era sfortuna. È la pandemia, che fa anche questo, dopo anni durante i quali la crisi attorno alla salute mentale di tanti giovanissimi italiani covava sotto la cenere. Covid-19 l’ha aggravata, poi l’ha fatta esplodere. In gran parte al riparo dalle conseguenze fisiche del virus, i bambini e gli adolescenti stanno subendo quelle psicologiche da quando le chiusure scolastiche li hanno lasciati a casa. L’isolamento in una stanza, la didattica magari solo attraverso uno smartphone e un wifi instabile, le liti in famiglia nate dalla convivenza in pochi metri stanno innescando negli adolescenti una seconda epidemia.
Non è un virus. È abulia, depressione, crollo della concentrazione e dell’autostima, ansia, autolesionismo. E non è solo in Italia. Uno studio sui pronto soccorso pediatrici di Torino, Cagliari e di altri 21 ospedali in dieci Paesi diversi durante la prima ondata di Covid, pubblicato su «European Child and Adolescent Psychiatry», mostra ciò che è successo in tutto il mondo: gli accessi per atti di autolesionismo in marzo e aprile 2020 aumentano dal 50% al 57%, con un’incidenza in crescita degli «intenti suicidi» e dell’isolamento come fattore scatenante.
Benedetto Vitiello dell’Ospedale Regina Margherita di Torino, docente di psichiatria infantile anche alla Johns Hopkins di Baltimora, nota le stesse tendenze nel pronto soccorso del capoluogo piemontese. Ma sono diffuse anche nel resto del Paese. Vitiello il mese scorso ha pubblicato su «Frontiers in Psychiatry» uno studio basato su un sondaggio in Italia fra circa ottocento minorenni – età media, 12 anni – durante la pandemia. Conclusione: «Il 30,9% dei bambini sono ad alto rischio di disordine da stress post-traumatico». Francesca Maisano, psicoterapeuta dell’età evolutiva del Fatebenefratelli di Milano, nota sulla base di un sondaggio fra centinaia di minori che ragazzi e ragazze tendono a reagire al disagio di questi mesi in modi diversi. «I maschi con un aumento di aggressività verso il resto della famiglia – dice -. Le femmine con un attacco al corpo spesso correlato a scarsa autostima».
Niente di tutto questo nasce all’improvviso, naturalmente. Che il disagio mentale dei più giovani covasse da prima di Covid lo si nota da vari segnali. In Italia le prescrizioni di metilfenidato, un farmaco contro i disordini di attenzione prescritto solo da specialisti e nel quadro di una terapia, sono esplosi: non solo 8% di dosi in più a dicembre 2020 rispetto a un anno prima, secondo la società di analisi Iqvia; anche nel 2019, prima di Covid, l’aumento annuo dei consumi era stato del 21%.
È su questa realtà, osserva la dottoressa Maria Antonella Costantino, che si innesta su la duplice deriva che ha portato l’Italia a trovarsi impreparata nell’ultimo anno: sempre più bisogni e sempre meno risorse. Direttore dell’Unità operativa di Neuropsichiatria dell’infanzia e adolescenza del Policlinico di Milano, presidente della Società italiana di neuropsichiatria infantile, Costantino sapeva da prima di Covid che i pazienti minorenni erano raddoppiati nell’ultimo decennio, mentre la carenza di personale fa sì che in Italia ci siano appena 325 letti di neuropsichiatria infantile funzionanti. «L’epidemia ha fatto scoppiare un bubbone che si trascinava da tempo – denuncia Costantino —. A gennaio gli accessi alle neuropsichiatrie infantili per tentato suicidio in Lombardia sono stati 86, quasi un raddoppio su un anno prima».
Tutto questo lascia una domanda: gli adulti hanno i loro ristori, ma come indennizzare bambini e teenager per la scuola e le amicizie perse con Covid? Ernesto Caffo, presidente di Telefono Azzurro, misura il prezzo che i più giovani stanno pagando dall’aumento delle chiamate dei minorenni in cerca di sostegno al 1.96.96. E dice: «Alla luce della pandemia, vanno ripensati i servizi di salute mentale per i minori e le competenze degli operatori». Non prima, magari, di aver reso ai ragazzi almeno parte dell’esperienza di scuola perduta. Sarebbe solo un gesto per loro. Ma è quello che ancora manca.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *