La nave è passata alla storia per aver toccato il punto più a sud dell’Antartide raggiungibile via mare, ma è li per un’altra ragione
Sono a bordo della nave rompighiaccio Laura Bassi, che è passata alla storia per aver toccato il punto più a sud dell’Antartide raggiungibile via mare. Questi non deve fare dimenticare la ragione per cui è arrivata fin qui.
I ricercatori stanno svolgendo importanti attività scientifiche, anche sul clima. Il record però non dipende, secondo i ricercatori a bordo, dallo scioglimento dei ghiacci causato dal riscaldamento globale. Secondo gli studiosi si tratta di una variabilità annuale, mentre per studiare il clima occorrono dati capaci di registrare tendenze di lungo periodo. Occorre tornare qui tutti gli anni, come fanno loro.
L’Antartide è in realtà molto più vicino al nostro quotidiano di quanto si possa pensare. Basta andare a esplorarlo con gli occhi della scienza, spezzando il velo mitologico nel quale da sempre lo avvolge la sua remota posizione geografica.
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Il manto ghiacciato che attraversiamo con la nave galleggia su acque fredde e dense che sprofondano e giungono con moto centenario fino all’Equatore. Di fatto si tratta di un sistema naturale di «climatizzazione» su scala planetaria (tecnicamente circolazione termoalina o circolazione globale degli oceani) che redistribuisce il calore sul pianeta, mantenendo le condizioni ottimali per la vita come la conosciamo.
Al pari di ogni meccanismo complesso, anche quello messo in moto dalle acque antartiche ha bisogno che qualcuno vada a controllare regolarmente se funziona ancora e se ci sono delle avarie. Come ogni anno, la squadra di osservazione sta operando proprio ora in nave nel mare antartico per fare tutti i test necessari.
L’operazione di verifica, che va avanti dagli anni 90, prende oggi il nome di MORSea ed è pilotata dall’Univerità Parthenope di Napoli. Il gruppo di quattro ricercatori partenopei è salpato il 6 gennaio dalla Nuova Zelanda sulla Laura Bassi. Con la sua traversata di 3300 Km (la rotta piu’ breve per la stazione italiana Mario Zucchelli), la nave di proprietà dell’Osservatorio di Geofisica Sperimentale (OGS) di Trieste, ha ufficialmente avviato la 38a campagna oceanografica del Programma Naionale di Ricerca in Antartide, gestito da CNR ed ENEA.
La compagine di Napoli, guidata da Pasquale Castagno, coordinatore scientifico di tutta la missione, dispone di un’articolata strumentazione per testare il corretto funzionamento del climatizzatore planetario nel lungo periodo.
«Veniamo fin qui ad ogni campagna PNRA per raccogliere nuovi dati per aggiornare le nostre serie storiche e riuscire a tracciare tendenze e fare previsioni il più possibile accurate», spiega Castagno.
Quello che Castagno e i suoi compagni studiano è il processo di formazione delle acque dense nel Mare di Ross, uno spazio marino che bagna anche la costa che ospita la stazione italiana. L’elevata densità del Mare di Ross è precisamente ciò che consente alle sue masse d’acqua di inabissarsi ed essere trascinate dalle correnti di profondità verso gli altri oceani del globo che circondano il bacino antartico. Le correnti trasportano tali masse d’acqua verso nord, come un incessante nastro trasportatore, fino a farle confluire nei fondali marini delle zone temperate della Terra. L’obiettivo degli scienziati è tenere sotto osservazione la densità delle acque, misurandone la temperatura e la salinità. Infatti più sono fredde e ricche di sale, più le acque sono pesanti e hanno facilità a scivolare verso il fondo.
Un aumento della temperatura e/o una riduzione delle concentrazioni di sale rischia quindi di trattenere in superficie le acque, impedendo il lungo viaggio verso nord e incappando il ciclo di climatizzazione.
Fino al 2014 si e effettivamente riscontrata una progressiva riduzione di salinità, suscitando preoccupazione. Le missioni condotte negli ultimi anni hanno invece rivelato un’inversione di tendenza. «Il fenomeno della produzione delle acque dense è variabile, per questo è importante sorvegliarne costantemente l’andamento venendo in Antartide ».
Il ghiaccio rappresenta l’elemento chiave delle variazioni riscontrate. Ad aver ridotto la salinità qualche anno fa sarebbe stato il progressivo aumento della fusione del ghiaccio continentale nella Terra di Amundsen e il conseguente rilascio di acqua dolce nel Mare di Ross. La fusione del ghiaccio continentale è a sua volta dovuta al riscaldamento globale, al quale contribuiscono anche le attività industriali che emettono grossi volumi di CO2 in atmosfera.
Il risultato è un circolo vizioso in virtù del quale l’uomo provoca un aumento generalizzato delle temperature, la fusione dei ghiacci antartici e il rallentamento del sistema di climatizzazione che in tal modo non riesce più ad assorbire il calore eccedente. A compensare questa riduzione di salinità ci ha pensato, a partire dal 2015, un indebolimento dei venti che solitamente spingono il ghiaccio marino nel Mare di Ross.
Il minore addensamento di ghiaccio verso la costa lascia spazi d’acqua libera che d’inverno si congelano producendo ulteriore ghiaccio e rilasciando maggiori quantitativi di sale nelle acque sottostanti che hanno così riacquisito densità simili a quelle registrate negli anni ‘90.