Fonte: La Repubblica
Il pre-rapporto dell’associazione per il 2017 presentato alla Camera. Allarme tasso di sovraffollamento nei penitenziari, arrivato al 113,2%: se non cambierà alla fine del 2020 si tornerà alla situazione di “emergenza” del 2010
Continua ad aumentare “pericolosamente” il numero di detenuti nelle carceri italiane: sono 56.817, 2.967 in più rispetto a un anno fa. Il tasso di sovraffollamento nei nostri penitenziari è pari al 113,2%.
E’ l’allarme lanciato dall’associazione Antigone nel pre-rapporto 2017 sulle carceri italiane, presentato oggi alla Camera, con dati aggiornati al 21 luglio scorso. Rispetto alla fine di giugno – quando i detenuti erano 56.919 – si registra un “piccolo calo che si spiega con l’aumento dei permessi nei periodi estivi ma a breve – osserva l’associazione – la popolazione detenuta riprenderà a crescere”. Con un tasso simile di crescita, secondo Antigone, di 3mila detenuti l’anno, alla fine del 2020 si tornerà alla situazione di “emergenza” del 2010: la capienza del nostro sistema carcerario resta infatti sostanzialmente stabile con 50.241 posti al 30 giugno 2017 (nel luglio 2016 erano 49.659).
Tra i detenuti italiani, 5.473 sono nati nelle 7 regioni del Nord, mentre 10.029 sono di origine campana, 7.253 vengono dalla Sicilia, 4.179 dalla Puglia, 3.669 dalla Calabria, 2.644 dal Lazio. In termini assoluti, diminuiscono i reclusi di origine lucana, friulana e valdaostana. Le donne sono il 4,2% (2.285) del totale della popolazione detenuta: 49 sono quelle madri che vivono in carcere con 58 bimbi sotto i 3 anni di età. I figli dei detenuti che vivono fuori dal carcere sono invece 24.795, di cui 5.449 stranieri.
Si va in carcere, rileva Antigone, per reati contro il patrimonio (31.883 persone sono detenute anche per questo motivo, di cui 8.929 straniere), contro la persona (22.609, di cui 7.006 stranieri), violazione della legge sulle droghe (19.752 di cui 7.386 stranieri), di quella sulle armi (10.072), reati contro la pubblica amministrazione (7.854), associazione a delinquere di stampo mafioso (7.048, di cui 95 stranieri). Il numero di detenuti laureati è pari all’1% del totale.
Per quanto riguarda il sovraffollamento, Antigone racconta la propria esperienza tratta da visite in alcuni penitenziari: a Nuoro, afferma l’associazione, vi sono tre bracci dell’istituto “del tutto inutilizzabili”, a Livorno un padiglione è chiuso dal 2016 e 2 dal 2011. Anche a Civitavecchia ci sono 2 padiglioni mai aperti perché mai ristrutturati dopo la chiusura del 1992 e ad Arezzo si attende ancora l’assegnazione del bando di gara dei lavori per ristrutturare l’istituto. Il tasso di affollamento è elevato, osserva l’associazione, soprattutto in Lombardia, a Como (186,6%) e a Busto Arsizio (174,2%), dove in varie sezioni si è tornati a ospitare 3 detenuti per camera, sfiorando il limite dei 3 metri quadrati per detenuto.
Nel 69% degli istituti visitati da Antigone ci sono celle senza la doccia e solo in uno, a Lecce, e solo in alcune sezioni, è assicurata la separazione, prevista dalla legge, dei giovani adulti dagli adulti detenuti. Carenti anche i numeri sul personale: Antigone parla, per quanto riguarda le carceri visitate, di una media di 1,7 detenuti per ogni agente, un dato “tra i più bassi – rileva – di tutta l’Unione europea”, e definisce “drammatica” la situazione degli educatori. A lavorare, nei penitenziari visitati, è circa il 30% dei detenuti, ma nel 26% degli istituti non vi sono datori di lavoro esterni, nel 6% non ci sono corsi scolastici attivi e nel 43% non ci sono corsi di formazione professionale. Solo ad Opera, la delegazione di Antigone ha rilevato, durante la sua visita, la possibilità di fare colloqui via Skype con i familiari, e solo nel carcere di Alessandria è possibile una qualche forma di accesso ad Internet.