Fonte: Corriere della Sera
di Aldo Cazzullo
Giovedì l’ultima apparizione in tv prima delle elezioni di domenica mentre la sparatoria era in corso sugli Champs-Elysées. E il fattore sicurezza scompiglia la corsa
PARIGI dal nostro inviato Le telecamere dei canali all news fisse sulle ambulanze nel luogo dove un agente è stato ucciso e altri due feriti, a un passo dall’Eliseo; e in contemporanea sulla più importante rete televisiva pubblica la sfilata dei candidati, le spille con il tricolore sulle giacche, il consueto fiume di parole. Nella Francia reale, l’assalto ai poliziotti sugli Champs-Elysées cuore e simbolo di Parigi, la prefettura della capitale che avvisa via twitter di evitare la zona, le famiglie che si cercano e si danno notizie. Nella Francia virtuale, le promesse vane, i volti costernati, le dichiarazioni tonitruanti. Un contrasto che dà il senso dell’impotenza della politica, alla vigilia del rito repubblicano delle elezioni presidenziali. Martedì, l’arresto dei due terroristi di Marsiglia, che avevano accumulato tre chili di esplosivo e già preparato il video con la rivendicazione e la foto del candidato neogollista François Fillon. Ieri, l’assalitore che attacca a colpi di kalashnikov i poliziotti e viene abbattuto. È la conferma che si può mobilitare l’intelligence, si possono schierare decine di migliaia di agenti che diventano a loro volta bersagli, ma è impossibile mettere al riparo dal terrore i francesi e con loro la democrazia.
Il confronto televisivo
Nel momento in cui sugli Champs-Elysées si sparava, gli undici aspiranti all’Eliseo si alternavano, quindici minuti a testa, nel tentativo di tranquillizzare gli elettori e di presentarsi come il garante dell’ordine. «Rimettere la Francia in ordine» è appunto lo slogan di Marine Le Pen; che ovviamente vede rafforzato il suo messaggio dalla cronaca di queste ore. Ma anche Fillon rivendica di avere l’esperienza e la fermezza necessarie, e chiede di sospendere la campagna elettorale; che di fatto è già finita; però al candidato della destra repubblicana conviene richiamare l’attenzione dell’opinione pubblica sull’emergenza sicurezza. Fatica di più Emmanuel Macron, l’ex banchiere ed ex ministro dell’Economia, che sui temi economici ha impostato la campagna ed è più in difficoltà quando l’attenzione si sposta sul terrorismo e sull’integrazione mancata. La notizia è arrivata durante l’intervento del candidato socialista, Benoit Hamon, che appena uscito dagli studi tv ha twittato la solidarietà agli agenti. Man mano che arrivavano le notizie della sparatoria, i candidati cercavano la postura e le parole più indicate, senza trovarle. Philippe Poutou, l’estremista che sogna la rivoluzione quella vera, con i capitalisti dai tratti porcini in fuga, si lancia in un’invettiva contro la militarizzazione della capitale, che a suo dire fa il gioco degli islamisti. Poi tocca a Macron, che chiede di dedicare il primo dei suoi 15 minuti al cordoglio per la vittima; ma poi comincia a ripetere il suo programma — la formazione dei giovani, il risanamento delle banlieues, la costruzione europea —, quasi a derubricare l’accaduto a incidente, restituendo l’impressione di vivere in un Paese ideale, distante da quello esasperato e impaurito che passava sugli altri canali, sui volti e nei racconti dei testimoni. «Durerà a lungo» ha previsto Macron. «Non voglio che si faccia l’abitudine al terrorismo islamico» ha replicato Marine Le Pen.
Cui prodest?
È sempre difficile indicare i beneficiari del terrore. Sono ormai anni che gli islamisti condizionano la politica europea. L’11 marzo 2004 la strage di Atocha cambiò l’esito delle elezioni spagnole: le menzogne di Aznar, che continuò ad additare il terrorismo basco quando ormai appariva evidente la responsabilità di Al Qaida, consegnò la vittoria ai socialisti. In Francia, dopo l’attacco del Bataclan il presidente Hollande riuscì a unire il Paese attorno a lui; e quando lepenisti, repubblicani e socialisti cantarono insieme la Marsigliese nel Parlamento eccezionalmente convocato a Versailles, parve che la solidarietà nazionale dovesse prevalere sugli interessi di parte. Ma il massacro del 14 luglio a Nizza è stato decisivo nel minare la fiducia non solo nel governo, ma nella capacità dei servizi e degli apparati di sicurezza di prevenire altri attacchi. Ieri sera Macron ha tentato di rilanciare il sogno di una Francia aperta, accogliente, fiduciosa nel futuro, capace di superare l’incertezza e l’instabilità. Tra due giorni sapremo se questa visione è compatibile con la realtà.