22 Novembre 2024

 

EUROPA
Fonte: La Stampa

esteri

 

Il ministro Venizelos: i nostri conti meglio di Singapore

Lo interroghi sui conti pubblici e lui risponde: «Siamo meglio di Singapore!». Evangelos Venizelos, socialista, corpulento ministro degli Esteri già alle Finanze, ripete con la determinazione di chi è consapevole del rischio di non essere creduto che la Grecia non è più un paese in crisi bensì uno «sulla strada della ripresa». Sventola un «avanzo primario senza pari in Europa e forse nel mondo», e annuncia che il grande malato dell’economia continentale, il figlio per il quale Ue e Fmi hanno mobilitato 240 miliardi fra prestiti e garanzie, nel 2014 tornerà a crescere e a finanziarsi da solo. La ripresa sarà dello 0,6% a essere precisi, più di quanto Bruxelles prevede per l’Italia. Ma sarà davvero?

 

Per strada la gente ha una sensazione diversa. Gli effetti del rigore «senza pari dopo la seconda guerra mondiale», come recita il premier centrista Antonis Samaras, continuano a colpire spietati. La stampa locale racconta che ad Atene otto condomini su dieci non comprano più il gasolio, mentre Eurostat certifica una disoccupazione al 27,4%. La povertà di ritorno è diffusa, per evitare una tassa di circolazione da mille euro l’anno, nel 2013 sono state riconsegnate settantamila targhe. «Passa sempre del tempo prima che le misure e la crescita produca effetti tangibili – si scusa il ministro delle Finanze, Yannis Stournaras -. I risultati dicono però che il progresso ci sarà e sarà sentito. Mezzo punto è poco, ma se si arriva da -4 è un’altra cosa».

 

Il governo greco tenta di sfruttare il palcoscenico della presidenza Ue per raccontare un sistema che sta mutando pelle rispetto a un passato di evasione fiscale generalizzata e conti taroccati. Il deficit è stabilizzato «senza che neanche un cittadino tedesco spendesse un euro», nota con malizia Venizelos. «Ci sarebbe un costo se uscissimo dall’euro o fallissimo la missione, cosa che non accadrà», aggiunge, prima di assumere una posa da Termopili e dire che «la Storia ci vendicherà, abbiamo fatto il nostro dovere per evitare il tracollo».

Ciò non toglie che al momento sia certificato un “financial gap”, un divario finanziario, da 11 miliardi. O da 15, secondo la stampa greca. Sono i denari che mancano perché l’insieme degli obiettivi di bilancio negoziati da Atene con Ue e Fmi siano rispettati. La circostanza ha alimentato una le voci su un nuovo “haircut”, uno scalpo ai cittadini per ricomprimere il debito. Smentite. Finito l’esame della Troika Ue-Bce-Fmi e l’esame di tenuta delle banche, stima Stournaras, «studieremo la soluzione». Il ministro è persuaso che ci siano molte ricette, la riduzione dei tassi come l’allungamento delle scadenze di maturazione dei debito. «Non vogliamo solo nuove restrizioni di bilancio – confessa -, sono già durissime a fronte d’un surplus dell’1,6% del pil nel 2014».

 

Venizelos approfondisce sul fonte della crescita, precipitata di 25 punti dal 2007, e su quel pil che fa da denominatore alla frazione col deficit a cui tutti guardano. «Conta la qualità dei bilanci – dice -, e lì siamo a posto. Dobbiamo sostenere la ripresa, dunque ridurre gli oneri». Elaborando sulle formule, il capo della diplomazia greca trova l’occasione per prendersela con la Troika, «un ibrido che costituisce un problema istituzionale». Il Fmi, ha insistito, è «stata chiamato perché l’Ue non aveva gli strumenti per agire nel nostro caso» e «ha dimostrato che i governi non si fidavano della Commissione». Non lo vorrebbe più vedere, si intende, come chiedono i socialisti all’Europarlamento.

 

Riprendere le redini dei Paesi e della loro politica, è il motivo chiave. E garantire un risanamento sostenibile, anche perché le elezioni si avvicinato e gli estremismi si gonfiano, non senza violenze. Il governo teme la destra contaminata dal nazismo di Alba Dorata, ma anche la sinistra che ammicca all’euroscetticismo e contesta l’austerità, come Syriza che ieri ha disertato le celebrazioni presidenziali. A maggio il voto europeo si accompagna le amministrativo. Il rischio è doppio e, per sbagliarsi, il premier Samaras ha azzerato il ticket ospedaliero da 25 euro. Pagheranno i fumatori, 5 cent a pacchetto. Un vecchio trucco che potrebbe minimizzare i danni. Forse.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *