Le cancellerie preavvertite dei raid di americani e inglesi. Vertice urgente a Palazzo Chigi, prende forma il piano europeo
Negli stretti del Medio Oriente dove fino a oggi scorrevano placide le rotte commerciali potrebbe scatenarsi una battaglia navale mai vista. Ieri notte Stati Uniti e Regno Unito hanno sferrato un attacco contro gli Houthi, in Yemen e hanno colpito la capitale Sanaa e altre città. È un altro fronte dell’infinita guerra di Gaza, che lambisce i confini dell’Iran e che interroga l’Italia e l’Europa su cosa fare, su quanto farsi coinvolgere dalla missione a guida Usa che da dicembre è schierata contro i droni dei ribelli yemeniti legati agli ayattolah. Le cancellerie europee erano state preallertate dall’imminenza dell’attacco. E si sono mobilitate. A Palazzo Chigi si è riunito un vertice di emergenza che ha messo attorno al tavolo di Giorgia Meloni i due ministri-vicepremier, Antonio Tajani e Matteo Salvini, il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi, la coordinatrice dei servizi segreti Elisabetta Belloni, il direttore dell’Aise, i servizi di sicurezza esterni, il generale Giovanni Caravelli. Uno schieramento che dà l’idea di quanto gli sviluppi si stiano facendo drammatici.
Poche prima della decisione americana è stata discussa la proposta di un’operazione esclusivamente europea che deve rispondere all’enorme esigenza di sicurezza delle navi che commerciano con l’Oriente. Un documento del Seae, il servizio per l’Azione esterna dell’Unione europea guidato dall’Alto Rappresentante Josep Borrell, e di cui La Stampa è venuta in possesso, è stato inviato a tutti i governi Ue. Sono due le ipotesi offerte. La prima prevede di concentrare la missione nel Mar Rosso e nel Golfo di Aden.
La seconda, raccomandata dalla diplomazia, allargherebbe la presenza delle navi al Golfo Persico, anche se considerata più rischiosa perché più vicina a Teheran. Il documento è datato 10 gennaio. Ed è stato al centro della riunione di Palazzo Chigi in un clima da gabinetto di guerra. Fonti italiane ed europee confermano uno scenario da incubo. Che non esclude nulla. Con il rischio sempre più concreto di un coinvolgimento dell’Iran. L’escalation esporrebbe gli alleati europei a possibili ritorsioni. Innanzitutto, sulla navigazione delle merci e dei carburanti. I report del ministero dell’Economia presentati a Meloni raccontano una realtà disastrosa. Dallo stretto di Suez e di Bab el-Mandeb passa il 40% del commercio marittimo italiano (il 30 % di quello mondiale). Gli attacchi degli Houthi stanno facendo schizzare i costi. Il traffico con l’Oriente si riduce, aumentano i ritardi , le rotte cambiano e si allungano, la benzina costa molto di più. Tutto questo, molto presto, si trasferirà sull’inflazione. L’Ue non può permetterselo. L’Italia delle piccole e medie imprese e dell’export verrebbe strozzata. Allo stesso tempo la collaborazione con l’operazione Prosperity Guardian, deve essere prudente. In caso contrario, significherebbe entrare in guerra. La fregata italiana Fasan partecipa alla missione di Washington, ma fuori della struttura di comando e a protezione dei mercantili.
La proposta di un’iniziativa europea nasce dal veto della Spagna all’ipotesi di modificare il mandato dell’Operazione antipirateria Atalanta, al largo della Somalia. L’Italia è stata sondata per ospitarne il quartier generale. Nelle intenzioni del Seae, la missione dovrebbe partire alla fine di febbraio e durare almeno un anno, rinnovabile. E sarebbe comunque in collegamento con Prosperity Guardian. Anche se, viene specificato, ogni forma di autodifesa da droni e missili potrà essere adottata solo a titolo individuale, dai singoli Stati. Ma il vero nodo sarà il campo d’azione, tanto che – come si diceva – al momento sono state sottoposte due opzioni. Gli ambasciatori dei 27 governi Ue nei discuteranno martedì alla riunione del Comitato Politico di Sicurezza, con l’obiettivo di adottare la decisione entro il 19 febbraio. La prima opzione è focalizzata esclusivamente sul Mar Rosso e sul Golfo di Aden. Questo consentirebbe di assicurare un primo intervento d’emergenza attraverso compiti operativi (la protezione delle navi mercantili) e non operativi (ottenere una consapevolezza della situazione), ma tra i “contro” il dipartimento guidato da Borrell segnala che le navi non potrebbero andare oltre lo Stretto di Hormuz e quindi non sarebbero in grado di offrire una piena protezione. Inoltre, l’impiego di risorse extra «rischierebbe di duplicare gli sforzi».
Il documento offre per questo una seconda opzione che lo stesso Seae «raccomanda»: «Creare una nuova operazione Ue incaricata di agire in una più vasta area operativa, dal Mar Rosso al Golfo (Persico, ndr), basata sulle strutture e sulle e sulle capacità di Agenor», vale a dire la missione europea lanciata nel 2020 e localizzata nello stretto di Hormuz, ma estesa a tutto il Golfo Persico e, a Sud, verso l’Oceano indiano. Agenor non è mai stata integrata in una vera e propria operazione Ue, come vorrebbe la Francia, anche in questo caso per il veto spagnolo. Questa potrebbe essere l’occasione.