19 Settembre 2024

Fonte: Corriere della Sera

di Massimo Gaggi

Per gli abitanti della Grande Mela le bombe sono solo un’altra variabile della giungla urbana, un altro fattore del caos quotidiano, fra traffico stradale alla paralisi, incidenti sotterranei continui, guasti di un metrò fatiscente e mai ammodernato


La banalità del male stavolta rimane impressa nelle immagini sfocate delle telecamere di sorveglianza. La gente che attraversa il corridoio in fretta, il bagliore dell’esplosione, il fumo che si deposita subito, il corpo di Akayed Ullah a terra senza sangue né segni di distruzione: quasi un macabro videogame. E un attentatore che sembra uscito da un fumetto dark. Parla subito coi poliziotti, racconta come ha costruito la sua bomba rudimentale nell’officina della società elettrica per la quale lavora. Si definisce militante dell’Isis, è un ex tassista immigrato dal Bangladesh. Voleva fare una strage a New York per vendicare i palestinesi vittima di rappresaglie israeliane nella striscia di Gaza. La città che reagisce con compostezza agli attentati, la New York che dopo l’ultimo, la strage dei ciclisti, ha ugualmente festeggiato la serata di Halloween, cerca di tenere i nervi saldi anche stavolta. La metropolitana continua a funzionare regolarmente, saltando la stazione di Times Square, la più vicina all’attentato. Sono anch’io in treno, sto andando al Nasdaq, proprio in quella piazza: lì Andrea Bocelli apre le contrattazioni di Borsa, l’opening bell. Veniamo dirottati, con altri treni, sulla stazione di Herald Square. «Questi terroristi ci inguaiano ancora di più la vita» mi dice Steve che, a fianco a me nel fiume umano, preme verso l’imbuto delle uscite per risalire in strada. Per lui le bombe sono solo un’altra variabile della giungla urbana, un altro fattore del caos quotidiano, fra traffico stradale alla paralisi, incidenti sotterranei continui, guasti di un metrò fatiscente e mai ammodernato (anche perché non si ferma mai, nemmeno di notte). «Sai quante persone muoiono ogni anno su queste rotaie?» mi chiede. «Cinquanta. Più centinaia di feriti. Tragedie. E linee bloccate di continuo». Per lui il terrorista «fai da te» è solo un intralcio in più. Ci crede o forse serve a esorcizzare la paura. Passare dal terrore di un altro attentato di Al Qaeda, ben organizzato e catastrofico, mai materializzatosi, per fortuna, dopo il 2001, all’accettazione di attacchi ormai cronici: purché piccoli e «low tech» come il governatore Andrew Cuomo ha definito quello di ieri. Ma Akayed ha risvegliato il terrore segreto di Manhattan, città-isola collegata alla terraferma da ponti e tunnel sottomarini: il terrorista suicida che fa strage nelle gallerie.

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