Il governatore del Veneto: «Giornata storica ma resta un punto di partenza. Sindaci e Regioni del Sud contrari? Chi esce dalla confort zone fatica sempre»
Il binomio d’acciaio «autonomia-Zaia» è dato per acquisito ma alla notizia, attesa, del primo passaggio formale in Consiglio dei ministri del disegno di legge d’attuazione per l’autonomia, il presidente del Veneto Luca Zaia centellina il giubilo e veste i panni del maratoneta.
Presidente, primo traguardo tagliato?
«Immagino ci sarà un passaggio in Conferenza unificata. Ciò detto, questa resta una giornata storica ma non è assolutamente un punto d’arrivo. Piuttosto un punto di partenza verso una rivoluzione. Questo paese ha deciso di cambiare pelle e scrivere nuova pagina di storia con una riforma che sarà la più importante dal 1948 a oggi, varrà ben più della modifica al Titolo V della Costituzione perché cambia il paradigma del sistema Paese».
Il passo avanti arriva con un governo a trazione FdI, probabilmente il partito più centralista mentre la Lega non ci era riuscita durante il governo giallo-verde…
«Partiamo col dire che Salvini da segretario federale si è speso politicamente ed è altrettanto vero che il ministro Calderoli ha seguito in modo certosino la concretizzazione del progetto. Ma voglio ringraziare il governo nel suo complesso che in cento giorni ha fatto più di altri 5 governi nel recente passato».
Le polemiche non fanno che montare, però. Sono contrari sindaci e governatori del Sud, la Cgil ha già annunciato una mobilitazione e il clima è incandescente come non mai…
«Ritengo che il dibattito in corso sia ragionevole. Chi si sente chiamato fuori dalla propria comfort zone fa fatica. Invece non è giustificabile la polemica da chi ha ruoli istituzionali e molto spesso, senza aver letto le carte, dipinge questa scelta come una tragedia. Lo devo ripetere per la centomilionesima volta? Questa non è la secessione dei ricchi e tanto meno è un’operazione occulta per distruggere parte del Paese. Le Regioni, fra loro, da Nord a Sud, sono gemelli siamesi. Voglio essere ancor più chiaro: trovo riprovevole e non giustificabile sentir dire che è una forma di secessione per spaccare l’Italia perché è come accusare il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, garante della Costituzione, di avallare operazioni secessioniste».
La penserebbe allo stesso modo se fosse un governatore del Sud?
«Se fossi un governatore del Sud oggi sarei in festa perché, a processo ultimato, passerà un principio: più Stato dove serve e meno Stato dove non serve. L’autonomia al Sud darà voce alla foresta che cresce e che non ha mai voce, un pezzo di Paese che ha voglia di modernità e crescita. Non possiamo pensare che l’alternativa sia il centralismo che ha vergognosamente fallito dando vita a un paese a due velocità, deresponsabilizzando, creando debito e disoccupazione e che, ed è forse l’aspetto più grave, non ha pensato ai giovani».
Il criterio inserito da Calderoli per procedere con le intese sono i Lep, i livelli essenziali di prestazione su alcune delle 23 materie, ma non sembra sia bastato a placare il Sud…
«I Lep sono una questione etica e morale. È vergognoso che in questo Paese non si siano fatti e che, forse, finiranno con il non essere applicati».
Nella legge di attuazione pare di capire si possa procedere con l’iter delle intese su materie che non avranno i Lep, è così?
«La scelta spetterà alla Cabina di regia, ai tecnici. Verranno valutate le materie, mi si passi il neologismo, “leppizzabili”. Penso a una delega come quella sulle banche di credito cooperativo, lì che Lep vogliamo applicare? Ma, sia chiaro, non sarò certo io a oppormi alla “leppizzazione”, anzi. Da cinque anni a questa parte i Lep sono diventati un mantra per non procedere con l’autonomia. Il governo li ha messi già in legge di bilancio, si proceda».
Prima dei Lep, prima delle Intese Stato-Regione, il ddl Calderoli dovrà essere licenziato dal Parlamento. La maggioranza avrà la forza per farlo passare? «Voglio augurarmi che ci sarà un consenso trasversale perché spero che dopo tante polemiche qualcuno leggerà le carte. A chi continua a essere contrario dico che sarebbe più coerente aver chiesto direttamente la modifica della Costituzione. Non votare il ddl significherebbe essere fuori dal mondo perché, lo ripeto, l’autonomia è in Costituzione. Il parlamento ha una sua sacralità ed è giusto che sia coinvolto, è il luogo della discussione, ma spero si entrerà nel merito e non ci si limiterà alle dichiarazioni “per partito preso».
Stefano Bonaccini pensa a una mobilitazione contro «questa» autonomia, l’ha sentito di recente?
«No, francamente. Ora lui è in campagna elettorale per la segreteria del Pd, in altre faccende affaccendato». Come vive queste giornate? «Sono talmente assuefatto al tema che lo vivo in modo sereno».
Calderoli ostenta una cravatta con le tartarughe, lei ha qualche portafortuna? «Conservo il decreto di indizione del referendum nella mia scrivania, è iniziato tutto da lì». Il Veneto rivendica la primogenitura sull’autonomia… «Nel 2014 abbiamo fatto una legge referendaria che, dopo essere stata impugnata dal governo Renzi, viene approvata dalla Corte costituzionale a luglio 2015. Nel 2017 indiciamo il referendum e, a quel punto, si affianca la Lombardia, poi anche l’Emilia Romagna ma senza referendum. Aggiungo che il concetto di gradualità nel conferimento delle materie l’ho chiesto io ai tempi delle pre intese col governo Gentiloni a inizio 2018. L’autonomia parte dal Veneto no?».
Ci dà una definizione nuova di autonomia?
«I detrattori preferiscono un’equa distribuzione del malessere. Chi è a favore dell’autonomia è per un’equa divisione del benessere».