20 Settembre 2024

Fonte: La Stampa

di Giulia Zonca

Svezia battuta: è la vittoria trasversale di Lega, Pd e delle donne Questa volta la politica non si prende la scena ma si tiene il merito


Un’Italia giovane, al femminile e che parla inglese, questa è la faccia con cui il nostro Paese si è guadagnato le Olimpiadi del 2026. Un’Italia unita, trasversale, capace di coalizzare partiti diversi e di trasformare i campanili in sistema, questa è la squadra che ha battuto la Svezia 47-34. Favoriti e vincenti, una combinazione rara e soprattutto «complici» una parola inedita per la patria delle fazioni.
Per convincere il Cio bandiere sventolate senza vergogna e i discorsi vivaci delle nostre atlete, tutte donne. Arianna Fontana, 8 medaglie olimpiche dello short track, si scrive il discorso da sé e lo sciorina nel suo inglese perfetto. Lei è sposata con un italo-americano, va bene, ma Michela Moioli e Sofia Goggia no eppure scherzano in tandem, in un’altra lingua e davanti a un pubblico che tende a distrarsi facilmente.
La prova della presentazione, a 24 ore dal giudizio, è un disastro «noiosa, pesante, troppo istituzionale, grigia», così la delegazione la scardina la sera prima del voto: frasi più corte, spazio alle ragazze dopo i messaggi del presidente della Repubblica e del premier Conte, ma stavolta la politica non si prende la scena, si tiene il merito. Hanno lavorato dietro le quinte, un gruppo variegato e persino improbabile che si è ritrovato a cucire insieme interessi ben diversi e ha trovato un’intesa. Lega e sinistra sintonizzati su un obiettivo comune. Il presidente del Veneto Zaia lo chiama «magic team», lui, leghista, che ha letteralmente duettato con il sindaco di Milano, pd, sul palco del Cio. Sincronia temporanea che Sala motiva così: «La politica si deve sfidare sul modo di vedere la società, non su quelle che sono palesemente opportunità di tutti. Terrò sempre alti i valori della sinistra, non farò mai battaglie su questioni come le Olimpiadi».

La capacità di osare
Si è già visto un lavoro concreto perché questa candidatura è nata senza neanche un protocollo per portarla avanti, ha unito regioni diverse quando ancora la procedura non lo riteneva possibile. Ha scelto il nome di due città anche se era proibito dalle regole. Ha osato. «Abbiamo inventato questa vittoria dal niente», il capo del Coni Malagò si prende la rivincita dopo le porte in faccia del sindaco di Roma Raggi. C’era una volta una nazione che non voleva i Giochi degli sprechi, che non si fidava, ora il dossier che ha superato la concorrenza esibisce fiero l’83 per cento dei consensi. Ed è lo stesso popolo del sì che va in piazza per spingere i propri rappresentanti a non boicottare qualsiasi opzione di sviluppo. «Una bella figura dell’Italia davanti al mondo», ripetono in tanti. Le brutte figure non sono mancate ultimamente e gli avversari svedesi ce ne ricordano pure una sul campo mentre ci fanno le congratulazioni: «Noi vi abbiamo battuti nelle qualificazioni dei Mondiali 2018, voi vi siete rifatti qui». Non proprio e non solo, ma serviva dare un’immagine migliore di noi.

L’appoggio dei francesi
Le Olimpiadi a venire ci cambiano, non faranno ripartire istantaneamente l’economia ma dimostrano cosa succede quando si esaltano potenzialità spesso sprecate. Malagò sarà il capo del comitato organizzatore e lo dice Giorgetti, lo stessa persona che ha litigato con lui per la spartizione del potere sportivo. Si sono detti qualsiasi cattiveria e hanno poi creato insieme le alleanze per questi Giochi. Giorgetti sul fronte interno e Malagò su quello esterno. Una raccolta di consensi capillare che alla fine ha avuto la conferma della matematica. Pronostico rispettato e una divisione delle alleanze che non rispecchiano certo quelle socio-economiche. Qui gli americani ci votano sempre contro, anche stavolta e i francesi, che avrebbero dovuto tradirci per le tensioni con il governo, ci hanno appoggiato. Qui funziona in un altro modo, ma non è detto che non si possa trapiantare un paio di mosse riuscite anche altrove. Magari per altre belle figure.

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