Fonte: Sole 24 Ore
di Michela Finizio
Attività all’aperto dal 18 maggio? In attesa di conoscere le decisioni del Governo oratori, centri sportivi e cooperative sono al lavoro per progettare un servizio in sicurezza
L’estate 2020 potrebbe diventare un laboratorio a cielo aperto per bambini e ragazzi, in vista della ripartenza delle scuole a settembre. Come? Attraverso l’apertura dei centri estivi, organizzati da Comuni, comitati sportivi, associazioni, cooperative, fattorie didattiche e oratori.
Il via libera è richiesto da più parti e il Governo sembra intenzionato a estendere l’utilizzo dei voucher babysitter a queste attività. Ora, però, si attende il parere del Comitato tecnico scientifico (Cts) per l’emergenza Covid-19 che dovrà esprimersi sulla proposta contenuta in un documento di lavoro elaborato dal dipartimento della Famiglia. La sfida è quella di offrire, nel rispetto delle regole di sicurezza, un progetto educativo e sociale ai minori e rispondere ai bisogni delle famiglie con figli.
Le proposte, i vincoli e i fondi
La proposta è consentire le attività organizzate all’aperto dal 18 maggio e i centri estivi tradizionali dal mese di giugno. Per qualsiasi decisione, però, dovrà essere modificato il Dpcm del 26 aprile: quindi, il Governo dovrà dettare nuove regole e definire i protocolli di sicurezza da rispettare. E il Comitato potrebbe imporre dei paletti agli organizzatori, per scongiurare il rischio di contagio, tanto da disincentivarne la partenza, già frenata dai tempi stretti in cui bisogna adattare l’offerta.
Il «piano per l’infanzia», fortemente voluto dalla ministra Elena Bonetti, è frutto di un tavolo interministeriale a cui hanno partecipato Comuni, Province e Regioni. In parallelo il Comitato dovrà anche esprimersi sulla richiesta di riaprire a giugno i servizi educativi 0-6 anni, cioè asili nido e scuole materne, su cui è atteso anche il parere del ministero dell’Istruzione.
15 maggio 2020
Nel frattempo, cresce il fermento degli operatori in prima linea nell’organizzazione di campi, attività, summer school, grest e attività organizzate di vario tipo rivolte soprattutto al bambini tra i 3 e i 14 anni, in alcuni casi anche ai più grandi. Tra i protagonisti, oltre agli 8mila oratori presenti in Italia, c’è il Centro sportivo italiano (Csi) che l’anno scorso ha gestito circa 1.500 centri estivi presso parrocchie, palestre, scuole, impianti e campi sportivi. A partecipare sono stati 56mila bambini seguiti da circa 4.950 animatori o educatori sportivi. «Stiamo lavorando – afferma il responsabile della comunicazione, Stefano Gobbi – con il dipartimento di igiene e protezione dell’università Cattolica per definire le schede tecniche con le quali proporre in sicurezza attività di movimento ai bambini, senza snaturare il linguaggio sportivo. Vorremmo farci trovare pronti con una nostra proposta da presentare sull’intero territorio italiano».
Il Csi sta lavorando a una copertura assicurativa per organizzatori e partecipanti e si augura che verranno messi a disposizione nuovi spazi pubblici, all’aperto, per poter lavorare con piccoli gruppi. «La difficoltà maggiore – aggiunge Gobbi – sarà gestire i controlli sanitari: non siamo medici. Il personale, invece, non ci manca perché tutte le altre attività sono ferme».
Il ruolo chiave dei Comuni
Gli operatori sperano che le regole arrivino uniformi a livello nazionale. «Senza nulla togliere agli esperti – afferma Laura Vanni, presidente di Legacoopsociali – è necessaro che le linee guida vengano immaginate con il supporto dei gestori di queste attività. Anche perché la fantasia creativa delle Regioni può dare il peggio di sé in questi casi». Il gruppo Infanzia e adolescenza di Legacoop sta già lavorando da settimane alla riprogettazione dei servizi per l’infanzia e in alcuni territori sono già stati attivati accordi territoriali per proporre progetti a distanza o all’aperto a piccoli gruppi. «I territori non sono tutti uguali, i bisogni sono diversi e anche le condizioni socio-economiche», aggiunge Laura Vanni.
Le criticità non mancano e l’Anci le ha evidenziate tutte nel corso del tavolo tecnico a Roma: finché non si conoscono le linee guida da rispettare per i Comuni, è difficile immaginare una proposta, anche se qualche ente già ci sta lavorando. Un indubbio sovraccarico di lavoro per gli enti locali, chiamati già senza risorse aggiuntive, a gestire in sicurezza i parchi. Ai Comuni sono richiesti sia un ruolo di regia (nel vagliare i progetti) sia un ruolo di promozione delle attività. L’Anci ricorda che ci vuole tempo per potersi organizzare, formare gli educatori e le criticità maggiori si incontreranno nelle città più grandi dove i progetti potrebbero essere centinaia per rispondere alla domanda delle famiglie. Con queste ultime poi andrà stretto un patto, perché non tutte le responsabilità possono ricadere sull’ente locale.