21 Novembre 2024
ECONOMIA
Fonte: La Stampa
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La denuncia dell’Abi: con la tassazione delle rendite buco per famiglie e imprese. La replica del sottosegretario: non hanno mai restituito i mille miliardi della Bce

Una nuova stretta del credito da un miliardo di euro. È quella che, secondo l’Abi, potrebbe abbattersi su famiglie e imprese come conseguenza del raddoppio della tassazione sulle plusvalenze legate alla rivalutazione delle quote della banche in Bankitalia, che il governo intende utilizzare per coprire parte del taglio dell’Irpef. A quantificarla è stato il direttore generale dell’associazione, Giovanni Sabatini che, ascoltato in audizione sul Def alle Commissioni Bilancio di Camera e Senato, ha ammesso la possibilità di un nuovo credit crunch.

 

Una prospettiva paventata solo pochi giorni fa anche dal governatore di Via Nazionale, Ignazio Visco, che però il governo respinge senza esclusione di colpi. «Noi non ci stiamo, è un ricatto che non accettiamo», scandisce il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Graziano Delrio. «Le banche – attacca – hanno ricevuto mille miliardi dalla Bce e non hanno trasferito alle famiglie quasi nulla di quei soldi». Gli istituti bancari, insiste, «hanno tutta la capacità, la possibilità, di cominciare ad erogare più credito alle famiglie. È ora di cominciare». Niente scuse, dunque, secondo Delrio, nonostante le critiche del mondo bancario non si fermino al prelievo sulle quote.

 

Di rischi l’Abi ne vede anche nell’aumento della tassazione sulle rendite finanziarie utilizzato in questo caso per coprire il taglio dell’Irap e che potrebbe creare discriminazioni eccessive con il risparmio pubblico e con quello postale e scoraggiare allo stesso tempo l’interesse dei capitali esteri verso il nostro paese. Il rialzo delle rendite finanziarie non piace nemmeno a Confindustria che però, guardando alle strategie del governo, insiste soprattutto sul taglio dell’Irap, giudicato non abbastanza coraggioso. In un’impostazione sostanzialmente positiva, «ciò che non è condivisibile – secondo il direttore generale Marcella Panucci – è la scelta di «concentrare larga parte delle risorse sulla riduzione dell’Irpef per i lavoratori dipendenti a basso reddito e di destinare solo una parte limitata di risorse alla riduzione dell’Irap».

 

I sindacati si concentrano invece soprattutto su pensionati e incapienti, fasce sociali finora escluse dagli sgravi fiscali, ma che ora, secondo il segretario della Cisl, Raffaele Bonanni, si pongono come questione «ineludibile» per il governo.

 

Quello di estendere anche alla no tax area qualche beneficio rimane del resto un nodo ancora da sciogliere. Le ipotesi sono ancora tutte sul tappeto, a partire dalla definizione della platea dei destinatari e quindi dell’ammontare dell’operazione. Gli incapienti sono circa 4 milioni e garantire a tutti lo stesso arrotondamento al rialzo in busta paga (gli 80 euro che si vogliono destinare ad altri 10 milioni di italiani) significherebbe trovare nuove coperture tutt’altro che insignificanti. Per questo il Tesoro e Palazzo Chigi stanno valutando insieme tutte le possibilità, compresa quella di un bonus in percentuale, non uguale per tutti ma a scalare in base al reddito.

 

Oltre che con le critiche delle parti sociali il governo deve intanto cominciare a fare i conti anche con qualche grattacapo nella maggioranza. Per esempio con quelli che arrivano da Ncd sul nodo – non ancora sciolto – degli insegnanti `Quota 96´ che, a causa della riforma Fornero, non sono potuti andare in pensione nonostante i requisiti raggiunti. «Voterò il Def solo se il problema degli insegnanti coinvolti sarà risolto», ha fatto sapere Barbara Saltamartini, vicepresidente della Commissione Bilancio della Camera. Da Forza Italia attacca invece Renato Brunetta: il governo – dice – «compra consenso e droga la campagna elettorale facendo deficit, truccando e distruggendo i conti pubblici». Pronta la replica del sottosegretario alla Presidenza, Graziano Delrio che respinge le critiche. «Manovra correttiva? Assolutamente no».

 

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