Fonte: Sole 24 Ore
La voce del governatore della Banca d’Inghilterra Mark Carney si aggiunge ufficialmente alle altre importanti del mondo economico-finanziario britannico che vedono male la possibile uscita del Regno Unito dall’Unione europea dei 28 Paesi col referendum popolare fissato il 23 giugno prossimo. È una voce pesante che si leva contro Brexit, e ancor più pesante è il monito: l’uscita dall’Ue «è il più grosso rischio interno per la stabilità finanziaria della Gran Bretagna» e «può amplificare i rischi preesistenti». Brexit inoltre, spingerebbe molte grandi banche a lasciare per sempre la City che non sarebbe più – come ripetono molti analisti in questi giorni – la superpotenza finanziaria globale che conosciamo.
La Banca di Inghilterra ha fatto di tutto per evitare la battaglia fra sì e no. Carney non era mai intervenuto così duramente sul referendum e benché la questione sia prettamente politica – il referendum è stato voluto dal premier Cameron che si è tuttavia schierato contro Brexit, per l’ “In” – il governatore della Banca di Inghilterra ha tenuto a dire che la sua non è un’indicazione di voto ma solo un parere tecnico sulle sorti della quinta economia mondiale.
Nell’audizione davanti ai contrariati parlamentari euroscettici, Carney ha detto che la Banca d’Inghilterra non ha fatto una stima delle implicazioni di lungo termine che potrebbe avere il referendum. Le conseguenze del voto così come esposte sono di breve termine, colpiscono la crescita e la sterlina e gli investimenti stranieri che potrebbero diminuire.
Il governatore ha risposto anche alla domanda sulla scelta che farebbero le grandi banche e la risposta è stata che i grandi gruppi finanziari se ne andrebbero se il Paese non fosse più in grado di assicurare lo stesso accesso al sistema che vige dentro l’Unione europea. «Questo tipo di negoziati potrebbe prendere davvero molto tempo». Carney ha aggiunto che si aspetta decisioni del genere e «che potrebbe indicare un certo numero di istituti che stanno valutando questa possibilità»; ha inoltre ammesso che vi sono dei rischi a rimanere dentro l’Ue per via di una maggiore integrazione con un’eurozona a 19 Paesi ma allo stesso tempo ha lodato l’accordo raggiunto da Cameron e Bruxelles lo scorso mese.
Nel maggio 2015 un importante funzionario della Bank of England inviò per sbaglio una lettera al Guardian in cui spiegava che l’istituto si stava preparando a Brexit con apposito progetto (Project Bookend) in cui non veniva mai menzionato direttamente il referendum ma venivano fatte ricerche sulle conseguenze finanziarie dell’uscita, negli stessi giorni Deutsche Bank aveva reso noto che si stava preparando all’eventualità, più recentemente Goldman Sachs e BlackRock hanno ammonito sui possibili rischi di Brexit per gli scambi e gli investimenti. I contenuti dell’audizione sono dunque tecnici e non del tutto inediti e vanno di pari passo con quanto dichiarato oggi da Carney cioè che Bank of England non darà indicazioni di voto. Scelta obbligata perché il governatore è stato accusato di mettere a repentaglio la stabilità della Banca d’Inghilterra nel dibattito sull’Unione europea mentre – riporta Bloomberg – affrontava il fuoco di fila dei parlamentari. Carney non è arrivato ben alccolto dagli euroscettici che tifano Brexit, e alcuni membri della Commissione Tesoro hanno detto chiaramente che alcune dichiarazioni dalla banca centrale inclusi un report di ottobre e una lettera pubblicata oggi sono schierati a favore del governo che vuole la Gran Bretagna dentro l’Unione. Carney, accusato di aver esagerato i vantaggi dell’«In», si è difeso dicendo che sia nella lettera sia nel report è stato usato un linguaggio «cauto» ma che «le domande economiche sono domande importanti per la più complessiva decisione che il popolo britannico deve prendere».