22 Novembre 2024

Fonte: La Stampa

di Marco Bresolin

«Londra dovrà essere fuori prima delle prossime elezioni europee. Consiglio e Parlamento europeo dovranno avere il tempo di ratificare il tutto». E intanto il governo britannico fa sapere che renderà noto il piano di uscita

Dureranno meno di due anni i negoziati per la Brexit. Dopo che Londra ha fissato una data per l’inizio della trattativa – marzo 2017 – ora Bruxelles annuncia il termine massimo entro il quale andrà trovato un accordo: ottobre 2018. «Avremo meno di due anni per le trattative – ha spiegato oggi Michel Barnier, incaricato dalla Commissione di gestire i negoziati per l’uscita del Regno Unito dall’Ue -, un accordo andrà trovato nell’arco di diciotto mesi». Attraverso il suo portavoce Theresa May ha confermato di essere d’accordo sulle scadenze, facendo sapere che il governo britannico è disposto a pubblicare i suoi piani per la Brexit prima che sia avviato l’iter di uscita dall’Ue.
Il ragionamento fatto da Barnier si basa su due dati chiari: Londra dovrà essere fuori prima delle prossime elezioni europee, che si terranno nel 2019. Ma per arrivare alla primavera del 2019 con l’uscita certificata nero su bianco bisognerà chiudere l’accordo almeno sei mesi prima. Consiglio e Parlamento europeo dovranno infatti ratificare l’accordo e questo richiederà del tempo.
Nelle capitali europee c’è quindi il timore che i tempi effettivi del negoziato possano così ridursi a un anno. Non va dimenticato che nel 2017 si voterà in Francia e, soprattutto, in Germania. Il nuovo governo tedesco non arriverà prima del prossimo autunno ed è facile immaginare quanto questo possa incidere sul reale avanzamento del negoziato prima del voto. Ma Barnier assicura che «l’Unione europea è pronta» e che i 27 «sono uniti». Da settimane sta girando in lungo e i Paesi dell’Unione per raccogliere le diverse posizioni: «Ho già visitato 18 Paesi e concluderò il mio tour entro la fine di gennaio».
Sul tipo di accordo che potrebbe venirne fuori, Barnier non si sbilancia. Ha ribadito che le quattro libertà del mercato unico (mercati, persone, servizi e capitali) sono «indivisibili». Invita però a guardare ai modelli già esistenti e ha citato ad esempio il rapporto tra l’Ue e la Norvegia. Oslo ha accesso al mercato unico, ma partecipa al bilancio europeo. Il francese – che ha rivisitato il famoso slogan britannico in «Keep calm and negotiate» (state calmi e negoziate, ndr) – respinge l’ipotesi di una «hard Brexit», preferendo «una Brexit chiara e ordinata».
Dall’altra parte della Manica, resta invece aperta la questione legale. Dopo che l’Alta Corte ha affermato la necessità di un voto del Parlamento per attivare l’articolo 50, l’atto formale con cui Londra notifica l’intenzione di uscire dalla Ue, la palla è passata alla Corte suprema. I giudici, dopo aver ascoltato le argomentazioni del governo di Theresa May, oggi sentiranno Gina Miller, l’imprenditrice che ha portato avanti il ricorso. Sempre oggi verranno discusse le richieste di Scozia e Irlanda, i cui parlamenti chiedono di esprimersi sulla questione.

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