La Bce ha deciso di alzare i tassi d’interesse di un quarto di punto percentuale: tasso di riferimento al 4,50%, un livello giudicato importante anche se non sono escluse nuove strette. Lagarde: maggioranza solida
La Bce ha deciso di alzare i tassi d’interesse di un quarto di punto percentuale, portando il tasso sui rifinanziamenti principali al 4,50%, quello sui depositi al 4% (il massimo storico), e quello sui prestiti marginali al 4,75 per cento.
Pausa nella stretta?
La stretta potrebbe forse incontrare una pausa, mentre è meno probabile la sua conclusione: le porte per nuovi rialzi restano ben aperte. Il messaggio della Bce segnala forse il raggiungimento di un difficile compromesso tra falchi e colombe a scapito, come già in altre occasione, della chiarezza: «Il Consiglio direttivo ritiene che i tassi di interesse hanno raggiunto un livello che, mantenuto per una durata sufficientemente lunga, darà un notevole contributo a un tempestivo ritorno dell’inflazione all’obiettivo», spiega il comunicato emesso subito dopo la riunione.
Non è un impegno, però, a tenere i tassi fermi. «Non possiamo dire che i tassi abbiano raggiunto un picco», ha detto in conferenza stampa la presidente Christine Lagarde, pur ammettendo che l’enfasi si è ora spostata un po’ più verso la durata della stretta.
Il «notevole contributo» dell’attuale livello dei tassi, del resto, non significa che sarà sufficiente e infatti il comunicato sottolinea che «le future decisioni del consiglio direttivo assicureranno che i tassi Bce saranno fissati a un livello sufficientemente restrittivo per tutto il tempo necessario». Il Consiglio direttivo «continuerà a seguire – aggiunge la nota – un approccio dipendente dai dati per determinare il livello appropriato e la durata della stretta. In particolare – continua – le decisioni sui tassi di interesse saranno basate sulla sua valutazione delle prospettive di inflazione», alla luce dei prossimi dati.
Decisione non unanime
Durante la discussione, ha spiegato Lagarde, c’è stato ampio consenso sulla lunga analisi della situazione macroeconomica, ma alcuni governatori avrebbero preferito una pausa per avere una maggiore certezza sulle condizioni dell’economia. La decisione è stata in ogni caso presa con una «maggioranza solida».
Stime inflazione al rialzo
Il motivo principale principale del rialzo è nelle nuove proiezioni sull’andamento dell’inflazione, ora prevista al 5,6% (medio) per il 2023 e al 3,2% nel 2024, due stime riviste al rialzo rispetto alle proiezioni di giugno (rispettivamente 5,4% e 3%). Per il 2025, la Bce si aspetta invece un’inflazione marginamente più bassa: 2,1%, in linea quindi con l’obiettivo, dal 2,2% indicato a giugno. La Bce ritiene comunque che l’inflazione resterà a livelli «troppo alti, troppo a lungo»: è quindi possibile che questa rotta di ritorno al target non sia considerata sufficiente.
L’inflazione core, quella immediatamente aggredibile dalla politica monetaria, è prevista al 5,1% quest’anno, al 2,9% il prossimo e al 2,2% nel 2025 (a giugno, rispettivamente, 5,1%, 3,0% e 2,3%).
Stime Pil riviste al ribasso
Riviste sensibilmente al ribasso – inevitabilmente dal momento che la politica monetaria inizia a manifestare i suoi effetti – anche le proiezioni sulla crescita, soprattutto per l’anno prossimo: 0,7% quest’anno, 1,0% nel 2024 e 1,5% nel 2025. A giugno le stime indicavano rispettivamente lo 0,9%, l’1,5% e l’1,6 per cento. Tre quarti della revisione del 2024, ha spiegato Lagarde, è legato alla debolezza di quest’anno che si prolungherà anche nella prima metà dell’anno prossimo, mentre il rimbalzo è rinviato alla seconda metà del 2024. In ogni caso, ha poi aggiunto la presidente, la morsa della stretta si sta avvertendo, lungo la cinghia di trasmissione della politica monetaria, più rapidamente rispetto al passato.