19 Settembre 2024

Fonte: Huffington Post

di Giuseppe Colombo

Così non va, nello scacchiere europeo le pedine devono cambiare posizione e strategia. Roma, residenza dell’ambasciatrice tedesca: il presidente della Bundesbank, Jens Weidmann, lancia un messaggio perentorio all’Italia e all’Europa. Contro chi, come Roma, è appesantita dal debito e poco incline a rispettare la disciplina fiscale; contro chi, come la Bce guidata da Mario Draghi, pecca di generosità e assistenzialismo. Persino contro il giudice dei bilanci, la Commissione europea, che ha creato confusione e per i tedeschi sarebbe meglio rimpiazzare con un’autorità fiscale unica. Una stroncatura netta che la Germania porta in Italia attraverso il numero uno della sua Banca centrale, pronto a farsi ambasciatore di un messaggio politico che pone i Paesi europei, a partire dall’Italia, di fronte a un bivio: cedere una parte della sovranità nazionale in nome dell’Unione Europea, oppure farsi carico del principio di responsabilità con le proprie forze.
La città e la location sono la cartina di tornasole del messaggio che Berlino ha deciso di consegnare all’Italia direttamente a casa propria: la disciplina fiscale in Europa così non va e bisogna a iniziare a cambiare passo, partendo dalla previsione di un tetto ai titoli di Stato in pancia alle banche. Una proposta, quest’ultima, che non piace affatto al governo italiano, ma che i tedeschi portano avanti nonostante il primo stop registrato alla riunione dell’Ecofin dello scorso fine settimana. Berlino rilancia: “E’ importante procedere quanto prima” con una fase di transizione per “dissolvere lo stretto legame tra banche e Stato, che durante la crisi si è dimostrato un acceleratore di incendio”, ha affermato Weidmann.
Il volto della campagna tedesca in Italia è quello del banchiere per eccellenza, Jens Weidmann, ma il suo è un messaggio politico forte, che ha il placet del governo e della presidenza della Germania. Un messaggio diretto perché per il primo incontro promosso dall’ambasciatrice tedesca in Italia, Susanne Marianne Wasum-Rainer, la formula scelta non è stata quella della riunione privata blindata, ma quella di un incontro-convegno con tanto di diretta streaming e accesso ai media, seppure in forma contingentata. Elementi, questi, che mettono in evidenza come Berlino abbia scelto di parlare all’Italia in modo diretto per sponsorizzare un cavallo di battaglia mal digerito da Roma. La missione italiana di Weidmann assume caratteri irrituali se si pensa che ha portato le istanze tedesche anche oggi nell’incontro con il nuovo presidente di Confindustria Vincenzo Boccia, e lo farà anche domani, quando si recherà a palazzo Koch per una colazione di lavoro con il governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco. Sono previsti anche incontri con la stampa a dimostrazione della volontà della Germania di veicolare il proprio messaggio in tutti gli ambienti che contano, dalle banche alle imprese fino all’opinione pubblica.
Al di fuori degli apprezzamenti scontati per il Jobs act e per il Fondo Atlante di risoluzione bancario per l’assorbimento dei crediti deteriorati, Weidmann è andato giù duro contro la linea europea del governo italiano. Il numero uno della Bundesbank ha spiegato perché un tetto ai bond pubblici detenuti dalle banche è imprescindibile. Per rendere il suo messaggio meno ‘anti-italiano’, alla luce del fatto che le banche italiane detengono una grande quantità di titoli di Stato, Weidmann ha tirato fuori una carta europea di mediazione, quella della condivisione: il tetto ai titoli di un singolo Stato non si tradurrebbe necessariamente in un numero minore di bond complessivi nel portafoglio dato che le banche potrebbero acquistare titoli di altri Stati fino a raggiungere il limite massimo stabilito. Un meccanismo che secondo i tedeschi porterebbe le banche a distribuire il rischio attraverso appunto l’acquisto di bond europei dell’Eurozona. Weidmann si è fatto portavoce di una condizione che i tedeschi ritengono fondamentale: la riduzione dei rischi dei titoli di Stato detenuti dalle banche costituisce un presupposto di fatto vincolante per l’avvio del fondo comune europeo di garanzia dei depositi. In altre parole: o si valuta il rischio di questi bond oppure l’ombrello comune per la condivisione dei rischi bancari non si può aprire. Per rendere appieno questo concetto ha utilizzato una metafora: “E’ come se ci si dichiarasse pronti ad assicurare un biciclo e si appurasse in seguito che si tratti non di una bicicletta, bensì di una Bmw o di una Ducati assai costose, con la possibilità per l’assicurato di innalzare il valore del biciclo quasi a suo piacimento”.
Il fronte che Berlino ha scelto di riaprire oggi a Roma passa per un concetto: un’ampia condivisione delle responsabilità tra i Paesi dell’Eurozona senza un corrispettivo meccanismo di controllo comune è “un percorso sbagliato”. Weidmann ne ha anche per l’ottimismo del ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, secondo il quale, ha sottolineato il banchiere tedesco, “la condivisione dei rischi e delle responsabilità “rappresentano “forti incentivi a rispettare le regole e a prevenire comportamenti opportunistici”. Berlino la pensa esattamente all’opposto e propone una doppia soluzione: o i Paesi trasferiscono tanto il potere decisionale quanto la responsabilità per le questioni di bilancio a livello europeo, dando vita a un’unione fiscale, oppure i singoli Stati, se vogliono mantenere la loro sovranità sul bilancio, devono “sopportare le responsabilità per le conseguenze”.
La seconda tirata d’orecchie all’Italia è riservata al presidente del Consiglio, Matteo Renzi, e alle parole con cui il premier accompagnò l’anno scorso la presentazione del bilancio italiano: la politica fiscale italiana viene fatta in Italia e l’Italia non permette che venga dettata dai burocrati di Bruxelles. Il presidente della Bundesbank sa che la prima strada è difficilmente perseguibile perché servirebbe una revisione dei Trattati europei e un referendum in tutti i Paesi e allora se la soluzione che resta in campo è la seconda occorre serrare le fila e attribuire agli Stati membri dell’Ue le responsabilità delle proprie azioni. Come? Superando i limiti, secondo i tedeschi, dei parametri di Maastricht e creando un’autorità fiscale europea che assuma il compito del controllo di bilancio attualmente di competenza della Commissione europea. E’ questo un altro dei passaggi clou del messaggio politico che oggi la Germania ha portato in Italia: sottolineare l’inadeguatezza della Commissione di Bruxelles che, sottolinea Weidmann, “si trova in una situazione di conflittualità degli obiettivi: da un lato deve agire come garante dei Trattati e controllare l’applicazione delle regole”. Alla Germania non vanno giù le aperture che Bruxelles ha concesso ad alcuni Paesi, Italia in primis, in termini di rispetto dei parametri sui conti pubblici. Le parole usate dal numero uno della Bundesbank sono state perentorie: “Il risultato è che la Commissione tende continuamente a scendere a compromessi a danno del rispetto del bilancio, ad esempio prorogando di volta in volta la scadenza dei periodi di adeguamento per gli Stati in situazione di deficit”.
Nel mirino di Weidmann è finito, come spesso è accaduto negli ultimi anni, anche il presidente della Bce, Mario Draghi, e la politica monetaria espansiva promossa da Eurotower. Il numero uno della Bundesbank ha bollato come “quanto meno problematico” l’approccio di sostenere i singoli Stati membri attraverso l’Eurosistema, “acquistando ad esempio titoli di Stato di Paesi in crisi”. Secondo Weidmann, infatti, questo meccanismo “offusca i confini tra la politica monetaria e la politica di bilancio” e rischia di trasferire i rischi di bilancio in capo ai bilanci delle banche centrali. Nemmeno da prendere in considerazione, poi la strada dell’helicopter money, bollata come “ipotesi accademica”. Considerazioni, quelle tedesche, che mettono in evidenza come Berlino non ami alcuni aspetti della politica che l’Eurotower sta promuovendo.
Le considerazioni odierne di Weidmann si aggiungono alle critiche e al dibattito che si sta alimentando in Germania sui bassi tassi d’interesse decisi dal presidente della Bce. Anche Draghi, che da Francoforte sta portando avanti una linea diversa da quella tedesca, tesse intanto la sua rete in Europa: oggi ha registrato un incontro importante, quello con il presidente francese François Hollande all’Eliseo, accompagnato dai vertici transalpini dell’economia, tra cui il governatore della Banca di Francia, François Villeroj De Galhau.
La missione tedesca in Italia è iniziata e Berlino ha calato un pezzo da novanta per mandare a dire all’Italia, a casa sua, che i fronti su bilancio, fisco e tetto ai titoli di Stato posseduti dalle banche sono più che mai aperti. La sfida è lanciata, anzi rilanciata, nel simbolo della Germania politica in Italia, quell’ambasciata a Roma dove oggi i tedeschi hanno tirato fuori tutto il loro rigore. Non hanno risparmiato nessuno: ecco perché Roma oggi si è trasformata nel cavallo di Troia attraverso il quale i tedeschi stanno provando a fare breccia nelle mura di un’Europa che così com’è a Berlino piace sempre di meno.

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