Non è ancora il momento di alleggerire la presa. Il percorso di rientro dell’inflazione si sta rivelando più accidentato del previsto e le banche centrali, ieri, su entrambe le sponde dell’Atlantico hanno comunicato la loro intenzione di lasciare invariati per il momento i tassi. «Anche se l’inflazione è rallentata, rimane incertezza sulla sua persistenza», ha confermato Christine Lagarde, in apertura della conferenza «The ECB and its Watchers» a Francoforte. A giugno, se i dati confermeranno l’inflazione sottostante prevista, la Bce «sarà in grado di rendere la politica monetaria meno restrittiva», ma da lì in poi «ci sarà un periodo nel quale dovremo continuamente confermare che i dati supportano le prospettive d’inflazione».
La citazione di Curie
E secondo la presidente dell’Eurotower tornerà al 2% «prima del previsto, a metà del 2025, e non supererà il nostro obiettivo per il resto dell’orizzonte». Ma per arrivare a questo traguardo toccherà monitorare tre fattori: la crescita dei salari, la compressione dei margini di profitto e la crescita della produttività. Il tutto – ha detto Lagarde, citando Marie Curie — avendo «perseveranza e soprattutto fiducia». Al termine della giornata lo spread Btp-Bund ha reagito salendo a 127 punti, in una seduta di progressivo incremento dei tassi sui titoli italiani tornati sopra il 3,7% nella scadenza a dieci anni. Il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti fatto notare come il debito italiano sia «ritenuto affidabile». Oltre Atlantico, la Federal Reserve, come atteso, ha mantenuto i tassi d’interesse al 5,25%-5,50% e ha inoltre mantenuto inalterata la previsione di un taglio dei tassi d’interesse di 75 punti base nel corso del 2024. Il presidente della Fed Jerome Powell ha detto chiaramente che nel corso dell’anno la Banca centrale procederà a tagliare i tassi anche se l’outlook economico resta incerto e l’inflazione ancora troppo alta. «Vogliamo vedere più dati che ci diano maggiore fiducia sul fatto che l’inflazione scenda in modo sostenibile. Per ora è troppo alta».