25 Novembre 2024
Economia borsa

Economia borsa

Le posizioni a favore di una politica monetaria più rigida sono legate a considerazioni strategiche, mentre i dati non segnalano pressioni eccessive della domanda sui prezzi

Chi ha ragione, Isabel Schnabel o Isabel Schnabel? O meglio: quale delle due? La componente tedesca nel board della Bce che nel suo discorso dell’8 gennaio è sembrata spingere per una politica monetaria strutturalmente più severa, o quella che nell’intervista alla Süddeutsche Zeitung, sei giorni dopo, ha ripetuto che l’inflazione è destinata a calare nel medio termine e che quindi non è necessario cambiare orientamento?

Falchi e colombe
È una domanda importante. Non solo perché Schnabel ha, insieme al capo economista Philip Lane, le chiavi “tecniche” della politica monetaria (la presidente Christine Lagarde si concentra sul consenso “politico”), ma anche perché il recente passaggio di consegne alla Bundesbank tra Jens Weidmann e il nuovo presidente Joachim Nagel è stato l’occasione per riproporre quel clivage, quel divario tra falchi e colombe che divide il consiglio della Bce su basi addirittura geografiche.

Clima e inflazione
Schnabel, l’8 gennaio, ha sostenuto che la transizione energetica, già in corso, potrebbe creare rischi di inflazione che la politica monetaria deve affrontare. Le previsioni che indicano una flessione dell’inflazione, ha detto, si basano su presupposti non solo «circondati da notevole incertezza», ma decisamente «inusuali». Il tema vero del suo discorso al meeting virtuale dell’American Finance Association è quello degli effetti già attuali delle politiche contro il riscaldamento globale. Il linguaggio di Schnabel è stato molto prudente, ma la tesi era invece abbastanza chiara.

Un dibattito in corso
Nell’intervista di sei giorni dopo, invece, la stessa Schnabel ha sottolineato la necessità di aver fiducia nella Bce e la bontà delle sue previsioni. Incalzata dagli intervistatori, consapevoli evidentemente delle sue opinioni sul rapporto tra transizione energetica e prezzi, ha spiegato che c’è un «dibattito in corso», ma è chiaro quale sia la sua posizione nella discussione.

Pochi effetti «di secondo turno»
Le argomentazioni portate avanti da Schnabel sono interessanti. Una politica monetaria tradizionale guarderebbe agli “effetti di secondo turno” (o round) dei rincari dei prezzi dell’energia, ed è evidentemente che in questa fase non ci sono. La Bce non deve temere aspettative fuori controllo, o rivendicazioni salariali eccessive: la crescita dei salari negoziati è ai minimi storici, mentre l’inflazione salariale è in calo. Schnabel ha però aggiunto un elemento in più, anche rispetto ai colleghi della Bundesbank che hanno ripetuto il solito refrain, sempre attuale in realtà, sul rischio di una politica monetaria che sostenga i governi meno virtuosi: un lungo, continuo, shock energetico.

Considerazioni strategiche
È interessante notare che, nel dibattito falchi/colombe, le posizioni dei paesi virtuosi guardano molto al di là dei dati macroeconomici che sembrano piuttosto sostenere le posizioni di Lagarde e di Lane, i quali continuano a considerare temporaneo, e quindi ignorabile, il rialzo dei prezzi. Questa considerazione non significa che le argomentazioni dei falchi non abbiano valore o ne abbiano uno inferiore, ma semplicemente che l’attuale orientamento della Bce è sostenuto da un’analisi profonda della situazione economica.

I rendimenti dal 2020
Le condizioni di finanziamento sembrano non essere state infatti molto colpite dal caro energia. A monte, tra gli elementi delle condizioni finanziarie in senso classico, i mercati hanno decisamente reagito e non è una sorpresa. Rispetto a dicembre la curva dei rendimenti è salita rapidamente, riportandosi a livelli comparabili con quelli, relativamente elevati ma in assoluto molto bassi, di inizio pandemia. Sono, va ricordato, il “pavimento” dei tassi dei crediti a famiglie e imprese.

Euro effettivo in calo
Contemponeamente, il cambio effettivo dell’euro ha ulteriormente perso terreno allontanandosi ancora dalla media di lungo periodo. È l’effetto, presumibilmente, del panorama globale dei tassi che, in Eurolandia, appaiono più stabili che altrove: un vantaggio per gli esportatori, ma anche un elemento che crea ulteriori pressioni.

Costo del credito ancora basso
A valle della catena di trasmissione della politica monetaria, la situazione però non sembra segnalare particolari tensioni. I dati sui prestiti, fermi a novembre, continuano a proseguire lungo un trend di moderata crescita, sostenuti anche da un costo del credito, per le imprese non finanziarie, anche molto basso.

L’inflazione in Eurolandia
L’inflazione di Eurolandia appare effettivamente molto elevata, a livelli record anche nell’indice core, che esclude proprio le pressioni dirette dei prezzi energetici (e degli alimnentari non trattato). Sono però ancora molti i settori dove i prezzi crescono meno dell’obiettivo di inflazione e i rincari sembrano davvero limitati all’energia e ai trasporti (effetti diretti e indiretti, quindi, del caro energia). I rialzi dei prezzi di mobili e auto e dei prezzi amministrati sembrano legati a fattori diversi, non certamente sul lato della domanda, quello rilevante per la politica monetaria.

L’effetto dell’Iva tedesca
Non va dimenticato, inoltre, che questo gennaio dovrebbe svanire l’effetto del taglio dell’Iva tedesca che per un anno ha alterato, “gonfiandoli”, i dati sull’inflazione tedesca. È difficile che il miglioramento possa superare gli 0,5 punti percentuali, ma solo alla fine di questo mese si potrà avere un quadro più preciso, e forse marginalmente meno drammatico, dell’andamento dei prezzi.

Nessuna fretta?
Non sembra quindi che la Bce abbia – come invece ne ha la Fed – motivi per affrettarsi verso una normalizzazione, peraltro solo parziale, della politica monetaria. Le obiezioni dei falchi, non del tutto fuori luogo, sembrano avere rilevanza per la strategia della Bce, molto meno per un’operatività che si fonda sull’analisi della situazione. Il meeting del board di gennaio – per il quale non ci sono grandi attese – dovrebbe quindi essere la classica riunione di aggiornamento di una situazione e una politica già definite.

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