Fonte: La Repubblica
di Raffaele Ricciardi
Banche centrali protagoniste. Mercati cauti ma rinfrancati dalla volontà degli Usa di tornare a dialogare con la Cina
Tornano ad accendersi i riflettori sulla Bce di Mario Draghi, chiamato oggi ad annunciare un probabile e leggero taglio alle stime di crescita dell’Eurozona e contemporaneamente a ribadire che l’economia è tanto solida da confermare la scaletta per lo spegnimento degli stimoli straordinari, già di per sé assai accomodante verso i mercati. In attesa delle decisioni dell’Eurotower, i listini europei aprono all’insegna della cautela: Milano cede lo 0,3%, Francoforte è sulla parità, Parigi cede lo 0,1% e Londra è ferma.
Al consiglio direttivo di Francoforte guarderanno soprattutto alle prospettive di inflazione, che dovrebbero sostenere la tempistica di uscita dal Qe: dal mese prossimo gli acquisti netti di debito col Qe si dimezzeranno a 15 miliardi di euro al mese fino a dicembre, per poi azzerarsi da gennaio in poi (fatta salva la possibilità di riacquistare i titoli in scadenza). Secondo le anticipazioni di Bloomberg infatti, la revisione al ribasso sarebbe contenuta dalle ultime stime di crescita al 2,1% quest’anno e all’1,7% nel 2020, con un’inflazione in media all’1,7% nei tre anni di scenario macroeconomico. Nel pesare con il bilancino le parole del presidente, si presterà attenzione in particolare se le circostanze abbiano virato in negativo al punto da comportare una revisione della sua valutazione dei rischi che gravano sulle previsioni di crescita, a ‘negativa’ da ‘bilanciata’. Un cambiamento che i mercati registrerebbero. Assai probabile, poi, che durante la conferenza sia sottoposto a Draghi il tema del suo Paese natale, nelle settimane calde di scrittura della legge di Bilanci. Sul tema, lo spread tra Btp e Bund tratta in leggero rialzo a 256 punti contro i 254 di ieri sera. Il rendimento del titolo decennale italiano è al 2,97%. Quotazioni in lieve rialzo per l’euro in avvio di giornata: la moneta unica europea passa di mano a 1,1630 dollari (1,1624 ieri sera a New York). Lo yen è a quota 129,60.
In Asia si è registrata la prima seduta positiva dopo una serie negativa di dieci: Tokyo è salita dello 0,96%, Seul dello 0,14%, Hong Kong avanza dell’1,67%, Shanghai dello 0,71% e Shenzhen dello 0,23% grazie alla volontà degli Usa di avviare un nuovo round negoziale con la Cina, a breve distanza dalla minaccia di nuovi dazi, che ha allontanato i timori di un escalation commerciale. Una mano accolta con favore dal ministero del commercio cinese.
Ieri sera, Wall Street ha chiuso mista: il Dow e l’S&P 500 hanno guadagnato rispettivamente lo 0,11% e lo 0,04%, mentre il Nasdaq ha perso lo 0,23% frenato dai titoli dei social media come Twitter (-3,7%) e Snap (sceso del 7% a 9,20 dollari, nuovi minimi storici a causa di una serie di bocciature). Apple ha subito una flessione dell’1,2% nel giorno del lancio di un nuovo Apple Watch e di tre nuovi iPhone, che dovrebbero aiutare ad alzare il prezzo medio dei suoi smartphone consentendo di abbassare i volumi di vendita. Nel Beige Book della Fed si è preso atto del fatto che i prezzi continuano a salire e si avverte una generale carenza di personale qualificato e non, mentre le tensioni commerciali stanno pesando sugli investimenti.
L’attenzione si concentrerà anche su altre riunioni odierne delle Banche centrali: dalla Bank of England a quella turca, a cui gli investitori chiedono una severa stretta sui tassi per porre freno all’inflazione e dimostrare indipendenza dal governo di Erdogan. Dagli Usa arriveranno i dati sui sussidi di disoccupazione e sull’inflazione. Intanto i prezzi al consumo in Francia ad agosto sono aumentati dello 0,5% su base mensile e del 2,3% tendenziale ad un livello stabile rispetto a luglio. In Germania l’inflazione è risultata stabile al 2% annuo ad agosto.
Tra le materie prime l’oro ha trattato poco mosso sui mercati asiatici dopo i netti recuperi della vigilia che hanno riportato il metallo prezioso sopra i 1.200 dollari: il lingotto con consegna immediata passa di mano a 1.204 dollari l’oncia. Petrolio in calo dopo i rialzi degli ultimi giorni: i contratti sul greggio Wti con scadenza ad ottobre cedono 46 centesimi e passano di mano a 69,91 dollari al barile; il Brent perde 43 centesimi a 79,31 dollari.