Una ricerca di Pagegroup evidenzia che il 70% delle persone ritiene l’equilibrio tra vita e lavoro una priorità e l’80% preferirebbe lavorare un giorno in meno a settimana
Immaginiamo un bivio con due cartelli: da una parte c’è quello con l’indicazione benessere, dall’altra quello con l’indicazione carriera. Cosa scelgono i lavoratori? Pagegroup ha provato a sondare 70mila professionisti in tutto il mondo ed è emerso che il 70% ritiene che l’equilibrio tra lavoro e vita privata sia uno dei principali indici di soddisfazione lavorativa. Tomaso Mainini, amministratore delegato di PageGroup, spiega che «dopo aver sperimentato lavoro ibrido e da remoto milioni di persone hanno iniziato a ripensare alla propria carriera e a modificare la propria scala dei valori. Non dobbiamo stupirci, quindi, che quasi 8 persone su 10 ritengano che lavorare un giorno in meno alla settimana migliorerebbe il proprio benessere e aumenterebbe il loro livello di felicità».
La sperimentazione della settimana di 4 giorni
In altre parole, dovendo scegliere la stragrande maggioranza dei lavoratori opterebbe per il work life balance piuttosto che per il successo professionale. È anche per questo che si è fatta strada la settimana lavorativa di 4 giorni su cui sono in corso delle sperimentazioni per provare a normarla, anche attraverso la contrattazione, cercando sempre di mantenere questa opzione come volontaria. Dal momento che c’è un tema di produttività del lavoro, la domanda a cui Pagegroup ha cercato di dare una risposta riguarda la sostenibilità che questa scelta organizzativa potrebbe avere per le aziende. I dati delle 33 aziende che, in tutto il mondo, per 6 mesi, hanno sperimentato il principio 100, ossia 100% dello stipendio, 80, ossia 80% dell’orario di lavoro e 100 ossia 100% degli obiettivi di produttività sono positivi: il 97% dei lavoratori ha detto di volere continuare a lavorare secondo la modalità della settimana corta, dando un punteggio tra 9 e 10 all’esperienza fatta. Migliora infatti l’equilibrio tra vita e lavoro, cala lo stress, migliora la salute mentale e c’è più soddisfazione a lavorare.
Il nodo della produttività delle imprese
Mainini interpreta questi dati dicendo che «i test sulla settimana lavorativa di 4 giorni stanno continuando, spesso con risultati molto soddisfacenti per lavoratori e aziende. In moltissimi casi, infatti, le imprese hanno mantenuto o aumentato la produttività, incrementato il fatturato dell’8%, sperimentato una diminuzione dell’assenteismo e riscontrato una diminuzione significativa delle dimissioni. Non mancano, però, esempi negativi: alcune società, introducendo la settimana corta, si sono accorte che le giornate tendevano a divenire più impegnative, aumentando quindi anche i livelli di stress. Questi dati dimostrano che, come spesso accade, non esiste una formula magica per far funzionare le cose: impostare il lavoro su quattro giorni (e non più su cinque) richiede una grande organizzazione e rende necessario ridisegnare i processi per evitare che nel lungo periodo l’impatto si riveli negativo».
Il miglioramento ambientale e dell’occupazione femminile
Nella settimana corta, oltre ai risultati di produttività si possono misurare anche gli impatti su ambiente ed equità di genere. Al momento si può dire che i risultati ecologici sono piuttosto limitati, ma la sperimentazione che è stata fatta a Valencia mostra un miglioramento della qualità dell’aria in città grazie alla diminuzione degli spostamenti e della conseguente riduzione delle emissioni di CO2. Allo stesso modo, uno studio negli Stati Uniti ha mostrato come una riduzione delle ore lavorative del 10% possa portare a una diminuzione dell’8,6% dell’impronta di carbonio di ciascun dipendente.
Se andiamo a misurare il contributo di questa modalità organizzativa all’occupazione femminile si scopre che quasi un terzo delle donne nell’ultimo anno ha pensato di ridurre le proprie ore di lavoro o di lasciarlo del tutto, anche se questa scelta avrebbe compromesso la stabilità finanziaria e messo fine alla propria carriera. Nelle sperimentazioni è emerso che un giorno aggiuntivo libero ha dato alle persone il 22% in più di tempo per dedicarsi alla cura dei bambini e il 23% in più di tempo per i lavori domestici, mentre il tempo dedicato da parte delle donne a queste responsabilità è diminuito. È chiaro quindi che l’introduzione di una settimana lavorativa di quattro giorni potrebbe contribuire ad attenuare la disparità di genere ed emancipare le lavoratrici.
Il peso in busta paga
Nelle sperimentazioni che sono state fatte finora nel nostro Paese la tendenza è sempre stata quella di sperimentare la riduzione oraria senza impattare sullo stipendio. «Anche in Italia – osserva Mainini – alcune grandi aziende stanno iniziando a testare settimane lavorative di quattro giorni: per alcuni business potrebbe essere una strada percorribile, che potrebbe tradursi anche in una maggiore occupabilità delle donne, ma sono convinto che processi efficienti, flessibilità a 360 gradi, fiducia nei confronti delle persone e attenzione alla salute mentale siano pratiche vincenti e più facilmente attuabili sia lato azienda, sia lato candidati».