22 Novembre 2024

Il partito ha un debito diretto con i Berlusconi di quasi cento milioni di euro

Doveva essere una formalità, costretta dai tempi: come per tutti i partiti, il rendiconto di Forza Italia deve essere inviato al Parlamento entro domani, il 14 giugno. Invece la politica è tornata a bussare al portone di via in Lucina, la sede romana degli azzurri riuniti nel comitato di presidenza questo pomeriggio, in presenza e via zoom, nelle ore del lutto e dello sconforto.
Sulla via di ritorno in Italia dagli Stati Uniti dove era in missione, Antonio Tajani, coordinatore e leader designato dal Cav alla guida del partito, prende in mano il timone.
Collegato con gli altri big dell’ufficio di presidenza, tra loro Maurizio Gasparri, Licia Ronzulli, Alessandro Cattaneo, officia il tesoriere Alfredo Messina, il ministro degli Esteri passa in rassegna con tono mesto l’ordine del giorno. C’è il nodo dei finanziamenti che andrà sciolto una volta asciugate le lacrime e cessate le litanie funebri. Il partito ha un debito diretto con i Berlusconi di quasi cento milioni di euro. Sarà la famiglia, da Marina ai fratelli minori, a doversene fare carico.

Le nomine della discordia
Ma al centro della riunione romana, con una certa sorpresa fra i presenti, è finito anche il dossier delle nomine. Ovverola ratifica di quel ribaltone ai vertici che a marzo ha fatto sussultare il partito con la nomina dei fedelissimi di Fascina in posizioni di peso: Tullio Ferrante al settore elettorale, Alessandro Sorte al coordinamento della Lombardia al posto di Licia Ronzulli, il tajaneo Alessandro Battilocchio al tesseramento e infine Cattaneo, ex capogruppo alla Camera, nominato vicecoordinatore nazionale e sostituito a Montecitorio da Paolo Barelli.
Una conferma formale, certo. Ma pur sempre una mossa politica avallata alla vigilia dei funerali di Berlusconi che interrompe la tregua funebre nel partito e alimenta le tensioni dell’ala “ronzulliana” in minoranza. Il messaggio è chiaro: Forza Italia andrà avanti sulla strada tracciata dal Cav e la sua quasi-consorte negli ultimi mesi. Soprattutto nel solco di Tajani, il vicepremier e veterano azzurro che in tanti ora vedono come “erede” legittimo di Berlusconi.

I timori di Meloni
E’ un fatto politico, il sommovimento nella pattuglia azzurra, cui guardano con estrema attenzione da Palazzo Chigi. Giorgia Meloni teme l’implosione di Forza Italia. Teme, soprattutto, che questo possa accadere prima delle elezioni europee, perché della detonazione finirebbe vittima il patto tra FI-FdI per fare asse a Bruxelles tentando un (difficile) accordo tra le rispettive famiglie politiche europee, popolari e conservatori.
Per questo l’ordine di scuderia partito in queste ore dalla leader di Fratelli d’Italia è perentorio: non partirà né ora, né prossimamente, un'”opa” sul partito che fu di Berlusconi. Non serve, non è il momento. E sarebbe di sicuro controproducente.

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