22 Novembre 2024

Fonte: La Stampa

La difesa a Palazzo Madama del ministro della Giustizia: «Non ho commesso alcuna irregolarità»

Il governo è salvo ma non certo rafforzato, la resa dei conti sul nodo della giustizia e sugli assetti della compagine ministeriale è solo rinviata di qualche mese: come previsto alla vigilia, Matteo Renzi non lo ha fatto cadere e ora si appresta a far valere con il premier Giuseppe Conte quello che ritiene sia un credito da vantare nelle trattative presenti e future. Il Senato infatti respinge a larga maggioranza  le due mozioni di sfiducia al ministro della Giustizia Bonafede. Quella presentata dal centrodestra, dove voti a favore sono stati 131, 160 i contrari, un astenuto. E quella di  +Europa di Emma Bonino,  bocciata con 158 no, 124 sì, 19 astenuti. In entrambi i casi, i 17 voti di Italia Viva sono stati decisivi, quanto basta per far dire ai renziani, “oggi abbiamo tenuto noi in piedi il governo”.

IL DIVIDENDO DI RENZI
Renzi ha incassato a suo dire una serie di impegni che non comprendono poltrone o posti di potere, salvo il riequilibrio dovuto delle presidenze delle commissioni parlamentari di qui a poco, dove il leader di Italia Viva punta a «strappare» quella cruciale della commissione Bilancio per Luigi Marattin. Ma soprattutto una maggiore considerazione per la sua forza politica. «Non ci interessano posti da sottosegretario ma lo sblocco dei cantieri», dice. «Abbiamo chiesto garanzie sull’istituzione di una tavolo per la riforma della prescrizione; abbiamo chiesto garanzie sul piano shock e sul family act. Speriamo che questa volta ci ascoltino», dice il renziano Luciano Nobili. «Il tema è che il governo tenga conto delle nostre posizioni».  E anche il Pd ora mostra di essere soddisfatto, sperando che il ministro Bonafede tenga conto della «promozione» ottenuta grazie ai voti Dem, in cambio di una collegialità sui temi della Giustizia che fin qui non si è vista. «Tutta la maggioranza – avverte il capogruppo Pd Andrea Marcucci – ha mandato al titolare del dicastero di via Arenula un messaggio pressante. Alfonso Bonafede non potrà andare avanti nello stesso modo: serve una discontinuità più forte e netta tra il governo con la Lega e l’attuale esecutivo con Pd, Iv, Leu. È un messaggio, che sono certo, il ministro raccoglierà fin da subito». Entrambi i partiti pensano di poter vantare un credito con il premier, ma il Pd per ora non chiede nulla in cambio.

LA DIFESA DI BONAFEDE
Se  Italia Viva e Pd si attendevano un segnale preciso dal ministro Bonafede sul tema della Giustizia, viste le tensioni andate avanti nei mesi scorsi, su questioni controverse come lo stop alla prescrizione e la riforma del codice penale, questo segnale non giunge forte e chiaro: alla fine arriva, ma in forma di auspicio. «Sono convinto che sulle riforme che ci aspettano il confronto con tutte le forze di maggioranza sarà leale e reale».
Primo punto affrontato dal ministro, la nomina al Dap e le polemiche su Nino Di Matteo. «Tutti i fatti sono chiari e lo sono sempre stati: ci furono condizionamenti? Ancora una volta: No! Chi lo sostiene se ne faccia una ragione. Non sono più disposto a tollerare alcuna allusione o ridicola illazione».
Secondo punto la gestione della crisi sul coronavirus nelle carceri: «I dati parlano da soli. Il piano per la prevenzione e il contrasto del contagio, non solo c’era, ma, almeno fino a questo momento, ha anche funzionato», dice il ministro. «È totalmente falsa l’immagine di un governo che avrebbe spalancato le porte delle carceri addirittura per i detenuti più pericolosi». E si vede dai  numeri. «L’obiettivo è stato subito chiaro: la tutela della salute non solo di coloro che lavorano e vivono all’interno delle carceri, ma anche della collettività tutta, nell’evitare che eventuali focolai potessero aggravare le difficoltà del sistema sanitario in quel momento già drammaticamente sovraccarico». Il ministro ha detto che le misure hanno funzionato, visto che i positivi sono 102 tra i detenuti e 150 gli agenti.
E poi sul tema centrale della riforma della prescrizione: «Istituire una commissione di monitoraggio dei tempi per valutare l’efficacia della riforma del nuovo processo penale e civile. la garanzia della giusta durata del processo e dei diritti della difesa sono obiettivi imprescindibili». E sulle ingiuste detenzioni, «gravissima patologia», ricorda di essere il primo ministro di aver disposto di «verificare tutti i casi in italia per i provvedimenti da portare avanti». Altra riforma quella Csm, a tutela del prestigio dell’istituzione.
Ed ecco nel finale, il messaggio tutto politico alla maggioranza, dunque al Pd e a Italia Viva.
«Sono consapevole che su tutti i contenuti, il confronto con le forze politiche di maggioranza sarà costante e improntato ad una leale collaborazione. Come il progetto di legge sulle agromafie, scritto insieme alla ministra Bellanova. Ma di fronte alle differenze culturali e  politiche, che ci sono nella maggioranza, la sfida è trovare una sintesi della maggioranza con il fine di una tutela e del rispetto dei diritti di tutti i cittadini: che devono essere uguali davanti alla legge». Applausi scroscianti dai banchi dei 5stelle.

L’ASSOLUZIONE CONDIZIONATA DI RENZI
«Se oggi votassimo con il metodo che lei ha usato nei confronti dei membri di altri governi, lei dovrebbe andare a casa: Alfano, Guidi, Boschi, Lotti, De Vincenti. Ma noi non siamo come voi», dice Renzi. «Non ho dubbi, sul fatto che lei tutto è tranne una persona avvicinabile dalla mafia», premette Renzi, prendendo la vicenda che ha visto il ministro finire sotto accusa per la mancata nomina a capo del Dap del magistrato Nino Di Matteo, come esempio.  «Essere additati e subire sui giornali l’onta di massacro mediatico fa male. La notte la passi a pensare che sia colpa tua se le persone a te vicine stanno male».
E poi dichiara il voto contrario che salverà il ministro e tutto il governo. «Nell’annunciare che voteremo contro le mozioni di sfiducia delle mozioni della destra e della Bonino, dico pure che pongono temi veri. Non le votiamo per motivi politici».
E qui c’è il passaggio tutto rivolto a Conte, in aula ad ascoltare il dibattito. «Il premier ha detto che ove vi fosse stato un voto contrario all’operato del ministro, egli ne avrebbe tratto le conseguenze politiche. In un paese con 31 mila morti per Covid,  che vede il debito pubblico andare verso il 160 per cento e la disoccupazione al 15 per cento, chi di noi crede nella ragion di stato rispetta cosa dice il premier. E lo dico condividendo le riflessioni della senatrice Bonino. Riconosco a Conte di aver dato segnali importanti: ho apprezzato la sua posizione su Irap, la battaglia a fianco della Bellanova e sulle riaperture».
Ed ecco l’avviso per il prossimo futuro, con cui nega di trattare per le poltrone di governo: «Ma abbiamo ancora tanto da fare: nel momento in cui il premier decide di porre tutto il suo peso accanto al ministro, dobbiamo esser conseguenti e dirle: a noi non interessa un sottosegretario ma sbloccare cantieri altrimenti la disoccupazione sale al 18-20 per cento. E se portiamo idee, non è per visibilità, ma per affermare dei concetti. Quando ho chiesto di pensare alla riapertura delle scuole, ho sentito mugugni anche nel mio gruppo. Ma se la scuola è ultima a ripartire dopo i pub e le discoteche diamo un segnale sbagliato ai nostri figli. Quindi chiediamo un’assunzione di responsabilità».
Secondo punto, garantismo e giustizialismo. «Noi eravamo diciottenni – ricorda Renzi – e molti di noi hanno fatto giurisprudenza perché ritenevamo che fosse un modo per contrastare la cultura di morte che la mafia stava esprimendo. Io non posso credere che Bonafede abbia stretto alcun rapporto con la mafia. ma quella battaglia non ci deve vedere divisi. Noi siamo garantisti, ma non siamo buonisti. Quando nel 2016 il Guardasigilli Orlando venne a dirmi che c’era un problema, che stava morendo Provenzano e ci veniva chiesto di farlo morire a casa, noi abbiamo fatto questa scelta:  abbiamo preso l’impegno di garantire a Provenzano (e a Riina l’anno dopo) il massimo delle cure possibili, ma sono morti in carcere e questa è giustizia, non siamo buonisti. Sulle scarcerazioni, ci sono state troppe improvvisazioni ed  errori. Faccia il ministro della Giustizia e non dei giustizialisti e vedrà che ci avrà al suo fianco», conclude Renzi.

PER MELONI E SALVINI, UN MERCATO DI POLTRONE
«Una persona così debole nei confronti della criminalità organizzata dopo le rivolte nelle carceri non può rimanere a fare il ministro della Giustizia», attacca la Meloni. «Dopo che i Cinquestelle hanno mollato anche sul no alla regolarizzazione degli immigrati, consentendo la sanatoria indiscriminata per i clandestini proposta dal partito di Renzi, e dopo il lungo colloquio di ieri tra Conte e Maria Elena Boschi per trattare chissà quale altra poltrona, Renzi difende Bonafede votando  contro la nostra mozione di sfiducia. Che sorpresa. Renzi se continui così tra un po’ avrai più poltrone che voti».
E Salvini non è da meno. «Mercato di poltrone fra Pd, Renzi e 5 Stelle. Ringraziano i 500 mafiosi e delinquenti usciti dal carcere e i 500.000 clandestini che aspettano la sanatoria, non ringraziano gli Italiani. Insieme a voi li fermeremo e costruiremo un’Italia migliore, promesso».

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