22 Novembre 2024

Fonte: La Repubblica

economia

di Raffaele Ricciardi

Chiusura positva per i listini del Vecchio continente. Draghi rassicura: niente aumenti di capitale per le banche. La piazza nipponica rimbalza dopo aver chiuso una settimana nera. L’economia cinese mostra nuovi segnali di rallentamento del commercio, ma Shanghai limita le perdite al -0,6%

In una giornata senza Wall Street, tengono banco le parole del governatore Mario Draghi all’Europarlamento e il rimbalzo dei mercati asiatici. Le Borse europee chiudono in netto rialzo, al seguito del balzo da record della Borsa di Tokyo che ha messo in secondo piano i timori sulla riapertura delle Piazze cinesi. Milano è salita del 3,19% e, con le banche protagoniste, si riporta a 17mila punti. Londra è cresciuta del 2%, Parigi del 3% e Francoforte del 2,67%. Shanghai, chiusa durante la scorsa ottava per il Capodanno cinese, limita le perdite allo 0,63%, Shenzhen tiene la pari e Hong Kong risale del 3%.
Senza l’influenza delle quotazioni di Wall Street, sono bastate le parole di Draghi a dare ulteriore tonicità ai mercati, partiti già in rialzo. Il presidente della Bce ha confermato che non sarà richiesta una ulteriore patrimonializzazione alle banche, non ci sarà nessuna Basilea 4 e se dovesse essere necessario a marzo sarà pronto a intervenire sul mercato. L’opera della Bce dovrà però essere supportata dai governi centrali con più investimenti e meno tasse. In mattinata la forza ai mercati era arrivata da Oriente. Il Nikkei ha chiuso in crescita del 7,16% e numerose grandi azioni, da Nomura a Panasonic, in rialzo in doppia cifra.
Si è ristretto, dopo le recenti fiammate, lo spread tra Btp e Bund. Il differenziale di rendimento tra i decennali italiani e i pari durata tedeschi trattano a 137 punti base. Flette anche il rendimento, che si porta all’1,6%. Bankitalia ha diffuso i dati sul debito pubblico, che ammonta a 2.169 miliardi alla fine del 2015, in crescita di 33 miliardi sull’anno prima. L’euro tratta in leggero ribasso sotto la soglia di 1,11 dollari, dopo i forti rialzi della settimana scorsa. I deludenti dati sul Pil nipponico pesano sul super yen, che arretra a quota 127,6 sulla moneta comune.
Ad acuire la fase di estrema volatilità dei mercati, capaci di pesanti ribassi e successivi rimbalzi, sono state le notizie provenienti dal fronte macroeconomico del Sol Levante, non certo positive. Quello di Borsa è stato un movimento speculativo e tecnico, dopo la peggior settimana degli ultimi sette anni, chiusa a -11%. Come accennato, i dati sul Pil del Giappone hanno registrato una nuova fase di contrazione per l’economia, in calo dello 0,4% nel periodo da ottobre a dicembre, con consumi deboli malgrado la politica espansiva messa in atto dal governo nipponico negli ultimi tre anni. Nell’intero 2015, la crescita del Pil si è limitata allo 0,4%. Le rilevazioni dell’ultimo trimestre hanno mostrato una flessione annua dell’1,4%, più marcata rispetto alle previsioni degli analisti interpellati dall’agenzia Bloomberg. La contestuale diminuzione dei consumi dello 0,8%, che da soli contribuiscono al 60% del Pil, e la crescita fiacca dei salari non consentono alle riforme del premier Shinzo Abe il raggiungimento dell’obiettivo di una ripresa dell’inflazione al 2% e l’uscita definitiva dalla spirale deflattiva che attanaglia la terza economia mondiale da quasi vent’anni. In questo senso si sono indirizzate le attenzioni della Banca centrale del Giappone, che ha sorpreso tutti muovendo recentemente i tassi sui depositi in negativo; probabile, a questo punto, che salti di nuovo il programmato aumento dell’Iva (dall’aprile 2017) dall’8 al 10%. In calo anche le esportazioni (-0,9%) su una debole domanda tanto dagli Usa quanto dalla Cina.
Proprio l’economia di Pechino ha registrato nuovi segnali di contrazione del commercio, sul quale pesa la debolezza della domanda sia esterna che interna. A gennaio le esportazioni cinesi sono scese dell’11,2% rispetto allo stesso mese del 2015, per un valore di 177,5 miliardi di dollari. Le importazioni sono invece calate del 18,8% tendenziale a 114,2 miliardi di dollari. La bilancia commerciale cinese è risultata così in attivo di 63,30 miliardi di dollari.
L’agenda macroeconomica occidentale, oltre alla parole di Draghi, ha registrato che il surplus della bilancia commerciale dell’Eurozona con il resto del mondo è stato pari nel 2015 a 246 miliardi, in aumento rispetto ai 184,3 miliardi del 2014. Wall Street e l’attività Usa sono fermate dalla festività del Presidents Day. La Borsa Usa è reduce dalla seconda settimana consecutiva di cali, ma la seduta di venerdì era stata positiva con il Dow Jones in rialzo del 2%.
A spiegare quel rally c’era anche il recupero del petrolio, che oggi si conferma con il Wti intorno ai 30 dollari, mentre l’Iran si prepara a effettuare le prime consegne ai clienti europei dopo la rimozione delle sanzioni. L’oro è in ribasso a 1.203 dollari dopo aver toccato l’11 febbraio scorso i 1.263,48 dollari l’oncia, ai massimi da un anno.

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