Fonte: La Repubblica
di Antonello Guerrera
Il testo approvato con 312 voti contro 308. La premier May: “Questo non esclude che bisogna trovare un accordo”. E presenta una mozione per far slittare la scadenza del 29 marzo
House of Caos. La Brexit è diventata un massacro politico e il Parlamento britannico è il tragico palco di un Paese allo sbando, che oramai non ha più alcuna certezza. Lo abbiamo visto anche oggi sui banchi della Camera dei Comuni, organismo sempre più centrale visto che Theresa May è una “dead woman walking”. Approfittando della debolezza politica della premier britannica, oggi il Parlamento ha votato a sorpresa (312 a 308) un emendamento che chiede al governo di escludere in ogni circostanza e in qualsiasi momento lo spauracchio del No Deal, cioè l’uscita senza accordo – e potenzialmente catastrofica – di Londra dall’Unione europea. Un segnale fortissimo, ma non vincolante: il “No Deal” rimane tecnicamente automatico il 29 marzo qualora non ci fosse un accordo o un’estensione della scadenza approvata dall’Ue, ha fatto notare la sempre più gracile e rauca May.
Ma dopo la disfatta del suo accordo Brexit martedì, oggi la premier britannica ha subito l’ennesima umiliazione: quando inaspettatamente alla Camera è passato l’emendamento che escludeva in toto il “No Deal”, per ammazzare questa decisione ostile la premier ha imposto rapidamente ai suoi parlamentari di votare contro la mozione ad esso legata e presentata dal suo stesso governo (perché la tattica di May è da sempre “o il mio piano o la catastrofe del No Deal”). Invece, i suoi, persino diversi ministri, si sono rivoltati di nuovo e hanno approvato il veto al No Deal con una maggioranza ancora più ampia. Insomma, un disastro totale. Anche perché i ministri ammutinati non si sono dimessi (come vuole convenzione) e la premier non ha avuto la forza per cacciarli.
Così, dopo un’altra bruciante sconfitta, May ha presentato in Parlamento una mozione per estendere la scadenza del 29 marzo per avere un accordo sulla Brexit (oltre la quale c’è il No Deal), con due possibilità: un rinvio breve (fino a giugno) e uno più lungo (forse di un anno). La sua tattica è quella di spaventare i suoi conservatori euroscettici con uno slittamento che potrebbe annacquare o cancellare la Brexit, trascinandoli dunque a votare il suo accordo in un nuovo drammatico voto prima del Consiglio europeo del 21 marzo. Un’impresa quasi impossibile e domani a Westminster, molto probabilmente, il Parlamento voterà per la sempre più scontata estensione della scadenza del 29 marzo. Ma l’Ue l’accetterà? A Bruxelles oramai si respira un’aria pesantissima contro Londra. Tanto che, nonostante il no al No Deal, la Commissione ha sbottato sottolineando che “non basta” e che “per evitare il No Deal ci vuole un accordo”. Ma quale accordo? Quello di May è moribondo, quello di Corbyn (pur molto gradito all’Europa) non ha i numeri, un altro non esiste. Forse, ci vuole solo un miracolo.