Fonte: La Repubblica
di Enrico Franceschini
Trovata l’intesa sui diritti dei cittadini e sul conto dell’uscita del Regno Unito dall’Ue. Resta aperta la questione dell’Irlanda
“Un passo decisivo, ma c’è ancora strada da fare” per arrivare al traguardo. Unione Europea e Gran Bretagna annunciano così di avere raggiunto un accordo di massima sul “periodo di transizione” in cui, al termine del negoziato sulla Brexit fissato entro il 29 marzo 2019, tutto resterà com’è ora fino al 31 dicembre 2020, ovvero per quasi altri due anni. In una conferenza stampa stamane a Bruxelles, il capo negoziatore europeo Michel Barnier e il suo collega britannico David Davis hanno ammesso che ci sono ancora questioni da risolvere nella trattativa, ma sono stati fatti “progressi” e un’intesa è “vicina”.
Dovrebbero essere parole sufficienti a permettere ai leader dei 27 paesi della Ue di approvare la fase di transizione quando si riuniranno giovedì nella capitale dell’Unione per il loro summit. Sul punto più delicato del negoziato, il confine fra Irlanda del Nord britannica e repubblica d’Irlanda, che diventerà di fatto il confine fra Regno Unito e Ue, le due parti per ora si impegnano a “trovare una soluzione” in grado di mantenere “aperta” la frontiera e così salvaguardare la pace fra cattolici e protestanti faticosamente raggiunta vent’anni fa dopo tre decenni di sanguinosa guerra civile. Né Barnier né Davis, tuttavia, indicano per il momento quale potrà essere dal punto di vista tecnico questa soluzione: senza che la Gran Bretagna aderisca all’unione doganale europea è sembrato finora difficile immaginare come evitare controlli di dogana per le merci e le persone lungo il confine irlandese. E la soluzione, ribadisce il capo negoziatore britannico, dovrà essere accettabile “per entrambi”.
Su un altro punto cruciale sembra invece che Londra abbia completamente ceduto, perlomeno nella sostanza: durante la transizione gli immigrati dagli altri paesi della Ue potranno continuare a venire a lavorare (o studiare) liberamente in Gran Bretagna con gli stessi diritti attuali, incluso il diritto a rimanervi per sempre acquisendo una residenza permanente, se così vorranno. Allo stesso modo pare che la Corte di Giustizia Europea continuerà ad avere giurisdizione sul Regno Unito sino alla fine della transizione.
La prima reazione dei mercati all’accordo è positiva: la sterlina cresce. Theresa May potrebbe venire criticata dall’ala più brexitiana del partito conservatore, secondo cui il suo governo sta facendo troppe concessioni alla Ue. Ma come dicono i due capo negoziatori, la trattativa ha fatto un importante passo avanti. Il traguardo di una separazione consensuale che limiti al minimo possibile i danni reciproci si intravede un po’ meglio. Sebbene rimanga il dubbio di fondo: che senso ha trattare per anni con l’obiettivo di attenuare un danno, se lo si potrebbe evitare del tutto rinunciando alla Brexit? L’interrogativo posto dai non pochi anti-Brexitiani che continuano a sperare in un secondo referendum o perlomeno in una Brexit così soft, restando nell’unione doganale e magari anche nel mercato comune, ma non somigliare quasi a una Brexit. D’altronde la transizione allunga sino ad almeno la fine del 2020, tra due anni e nove mesi, il tempo per discutere dei futuri rapporti economici e commerciali fra Londra e l’Europa. La strada, per l’appunto, è ancora lunga.