22 Novembre 2024

Fonte: Il Sole 24Ore

di Alberto Magnani


Da un compromesso all’altro. Il Consiglio europeo ha deciso nella notte fra il 10 e l’11 aprile di concedere a Londra una nuova proroga della Brexit, facendo slittare il divorzio dal 12 aprile al 31 ottobre. La data supera abbondantemente quella delle elezioni europee, fissate al 23-26 maggio, con il risultato che Londra potrebbe trovarsi costretta a eleggere i suoi rappresentanti all’Eurocamera. Un’ipotesi che scompaginerebbe l’assetto previsto da Bruxelles nelle prime urne del dopo-Brexit. La premier Theresa May sta facendo di tutto per scongiurare il rischio, implorando i suoi deputati di raggiungere un «compromesso» per ratificare l’accordo ed evitare il voto a maggio. Nel suo discorso alla Camera dei comuni per informare i deputati sulla maratona negoziale di Bruxelles, May ha stretto all’angolo i parlamentari con l’ennesimo aut aut: «Se il Parlamento ratificherà l’accordo di separazione entro il 22 maggio, allora il Regno Unito non sarà costretto a partecipare alle elezioni europee – ha detto – La decisione ora è nelle mani di questa Camera».
Nell’attesa lo scenario delle urne resta verosimile, con tutte le sue ripercussioni. Al di là dei disagi logistici (ed economici) di imbastire un voto comunitario nell’arco di poco più di un mese e mezzo, la ricomparsa sulla scena dei deputati britannici rischia di creare più di un mal di testa su entrambe le sponde della Manica. Con un’uscita di Londra dall’Ue nei tempi stabiliti, infatti, il totale di parlamentari sarebbe dovuto scendere da 751 a 705. Sui 73 seggi assegnati storicamente a Londra, 46 sarebbero stati rimossi e 27 distribuiti a un totale di 14 paesi (inclusa l’Italia, che avrebbe visto crescere i suoi deputati da 73 a 76). La ricomparsa di Londra alle urne obbliga invece Bruxelles a ricalcolare frettolosamente i numeri dell’Eurocamera del 2019-2024. Anche se gli strascichi sembrano riguardare più gli equilibri politici che le tecnicalità per regolare il voto.

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