22 Novembre 2024

Fonte: Sole 24 Ore

brexit-bandiere

di Moyra Longo

Hanno votato in Gran Bretagna. Ma a pagarne le conseguenze, per ora solo sui mercati finanziari, è tutto il mondo. Come un gigantesco terremoto, le scosse sismiche si sono infatti sentite fino al Giappone e agli Stati Uniti. Ma soprattutto hanno colpito duro sulla Borsa di Milano: da giovedì scorso, giorno del referendum, le vere vittime del «leave» sono state infatti le banche italiane, che hanno perso in media il 27%. Molto più, paradossalmente, del 13,9% di quelle inglesi.
Questa è la faccia più oscura dei mercati finanziari: sono così grandi (circa 9 volte maggiori del Pil mondiale) e così veloci (ormai una grande fetta delle contrattazioni in Borsa è effettuata da algoritmi automatici) che riescono a propagare in pochi secondi la crisi da una parte ad un’altra del globo. Votano gli inglesi, ma soffrono le imprese giapponesi e le banche italiane. Tutto questo a causa dei mercati finanziari che, ormai, sono diventati meccanismi velocissimi per propagare il contagio da un Paese all’altro. Fino all’economia reale.

Il paradosso delle valute
Il primo canale di propagazione del «virus» dell’incertezza è quello valutario. Che dal giorno di Brexit la sterlina abbia perso il 10,56% rispetto al dollaro è comprensibile: se si temono fughe dalla Gran Bretagna di banche o aziende (ammesso che poi avvengano davvero) e dunque di capitali, è normale che la valuta del Paese si deprezzi. Un po’ meno normale è che lo yen si rafforzi violentemente su tutte le altre valute, causando un danno all’economia giapponese e dunque un forte ribasso (-5,64% dal giorno del referendum) sulla Borsa di Tokyo.
Ci si potrebbe domandare: cosa c’entrano lo yen e il Giappone con Brexit? Il motivo è squisitamente finanziario. Lo yen viene infatti tradizionalmente usato dagli investitori globali come valuta per il cosiddetto «carry trade». In parole povere: quando lo scenario è positivo, molti investitori si indebitano in Giappone (dove i tassi sono molto bassi da decenni) e con i soldi presi in prestito comprano azioni oppure obbligazioni altrove. Questo, in tempi normali, causa il deprezzamento della valuta nipponica. Così, quando i tempi non sono più normali come ora, avviene il movimento opposto: tutti chiudono le posizioni di «carry trade», vendono azioni e ricomprano yen per rimborsare i debiti. Così lo yen, magicamente, si apprezza. E un rafforzamento altrettanto finanziario è quello del dollaro, tradizionalmente visto come valuta rifugio.

La caduta delle Borse
Dalle valute ai mercati azionari il passo è breve. Le azioni inglesi cadono per un motivo ovvio: tutti prevedono che la Gran Bretagna possa subire un rallentamento economico a causa di Brexit. Ma cadono poco, se si pensa che dal giorno del referendum la Borsa di Londra ha perso “solo” il 3,12% (meno della metà di Francoforte). Perché? La riposta è ovvia: per la sterlina. Dato che, come detto prima, il pound si è deprezzato del 10% e dato che la Borsa londinese è composta da molte società che vivono di export, gli investitori credono che le aziende inglesi possano prima o poi beneficiare del deprezzamento della loro valuta.
Ci si può dunque domandare come mai siano invece crollate in maniera violenta le Borse europee, dato che anche l’euro – in fondo – si è un po’ svalutato. Il motivo qui è legato in parte alla grande incertezza politica che circonda il progetto europeo. Ma c’è anche un altro motivo, più “finanziario”: gli investitori che oggi vogliono proteggersi dall’incertezza, non potendo vendere titoli di Stato dei Paesi del Sud (perché sono protetti dalla Bce), vendono azioni nel Sud Europa. E soprattutto azioni di banche, che – oltre ad avere delle criticità strutturali – sono la cosa più simile ai titoli di Stato e al rischio Paese che esista. Per questo a perdere più di tutti, in questi giorni, sono le banche italiane (-27,3% in tre giorni, contro il 16,9% di quelle tedesche e il 13,9% di quelle francesi): perché su di loro si scarica la furia di tutti coloro che vogliono “coprirsi” dal rischio italia.

L’economia reale
Come appare evidente, Brexit è stato solo un detonatore: a creare il contagio globale sono meccanismi (spesso automatici) dei mercati finanziari. Meccanismi che di tanto in tanto scattano, a prescindere da quale sia il motivo: a inizio anno era il timore sulla Cina, poi il mini-petrolio, ora Brexit. Il punto è capire se questa turbolenza finanziaria possa, alla lunga, ripercuotersi sull’economia reale. Se le banche crollano in Borsa, per esempio, non possono effettuare aumenti di capitale (in Italia ce n’è bisogno) e dunque sono costrette a ridurre il credito alle imprese. Se lo yen sale, soffre l’economia giapponese. E così via: il domino è globale.
Ecco perché i Governi e le banche centrali sono tutti pronti a intervenire: per evitare che questa bufera, per ora solo borsistica, si scarichi sull’economia reale. Tutti sono convinti che prima o poi le banche centrali facciano qualcosa: la Fed Usa e la Bank of Japan per arginare la salita delle loro valute, la Bank of England per tamponare le conseguenze di Brexit e la Bce per arginare la marea in Europa. Anche i Governi stanno cercando il modo per intervenire, per esempio a sostegno delle banche. Così lo scenario cambia continuamente, e la speculazione finanziaria anche. Ecco perché capire i meccanismi della finanza è sempre più importante. Per questo «Il Sole 24 Ore» lancia, da oggi, una serie di dossier quotidiani sui rischi e le opportunità derivanti da Brexit.

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