19 Settembre 2024

Fonte: La Repubblica

Il premier britannico nel suo primo intervento alla Camera dei Comuni, dopo la riapertura imposta dalla Corte Suprema, provoca i banchi dell’opposizione a lanciare una mozione di sfiducia contro il governo entro domani. “Forza!”. Corbyn: “Fai unica cosa onorevole, vattene”

Il premier britannico, Boris Johnson, contro tutti. Durante il suo primo intervento alla Camera dei Comuni, dopo la riapertura imposta dalla Corte Suprema, Johnson ha sfidato l’opposizione a lanciare una mozione di sfiducia contro il governo entro domani. “Forza!  Sfiduciatemi e andiamo alle elezioni o “fatevi da parte””.
Johnson ha poi chiuso il dibattito ai Comuni rispondendo con un secco “No” a una domanda di un deputato laburista sulla possibilità di chiedere un nuovo rinvio per la Brexit.
“Il popolo di questo Paese ne ha abbastanza. Questo Parlamento deve o farsi da parte” e permettere che “la Brexit sia fatta” o “presentare una mozione di sfiducia ed affrontare finalmente il giorno del giudizio di fronte agli elettori”. Poi ha ribadito di voler portare il Regno Unito fuori dalla Ue il 31 ottobre, preferibilmente con un accordo che ora vede “possibile”. Vuole dimostrare che “c’è vita dopo la Brexit”. Per questo ha detto di voler procedere con il Discorso della Regina previsto oil 14 ottobre, in modo da presentare il suo programma di politica interna. Ma le porte del palazzo si sono riaperte con 20 giorni d’anticipo rispetto a quanto Johnson avrebbe voluto.
Ha poi infierito su quello che ha chiamato “un Parlamento paralizzato” e “un’opposizione di zombie” che “non si fida del popolo”, non vuole “rispettare il risultato del referendum” del 2016 e ha paura pure di tornare adesso alle urne.
Inoltre, ha detto ancora in aula, “Corbyn vuole ancora nel profondo del suo cuore diventare premier”. E la risposta non si è fatta attendere. “Dopo la sentenza di ieri il primo ministro avrebbe dovuto fare una sola cosa onorevole, dimettersi”, ha tuonato Jeremy Corbyn, accusandolo di non aver invece mostrato alla Camera “nemmeno una briciola di rimorso o di umiltà”, oltre a “nessuna sostanza” sui piani per la Brexit. “Per il bene del Paese, se ne vada”, ha concluso.
Ma Johnson non cede, insiste. “È assolutamente vero che i negoziati sono difficili, ma stiamo facendo progressi”. L’aula dei Comuni è tornata in seduta fra le ovazioni dei banchi d’opposizione allo speaker ribelle John Bercow. Ma il muro contro muro resta quello di prima. Da un lato il fronte del no, che rinfaccia a Johnson d’aver “ingannato la regina e il Paese”, ma continua a prendere tempo nel tentativo di tenere il governo sotto schiaffo.
Dall’altro Johnson, in minoranza fra i deputati e all’angolo dal punto di vista legale, ma ancora in sella. Un Johnson che giura di essere ancora impegnato a negoziare un (al momento inverosimile) accordo con Bruxelles depurato dal contestato backstop a garanzia del delicatissimo confine aperto irlandese, ma che mette davanti a tutto l’imperativo di rispettare la volontà democratica sancita dal referendum e di portar fuori in ogni modo il Paese dall’Unione a fine ottobre, a dispetto della legge anti-no deal già approvata a Westminster.

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