19 Settembre 2024

Fonte: La Stampa

di Marco Bresolin

«Resto ottimista, ma è fondamentale che l’Ue mantenga la calma e resti unita»

«L’accordo di recesso che abbiamo già negoziato con il Regno Unito resta l’unico possibile. Il dibattito di ieri sera non cambia le cose». La risposta europea alle richieste britanniche arriva dall’Aula del Parlamento europeo, riunito nella mini-sessione plenaria a Bruxelles. A chiudere la porta ai tentativi di Theresa May di riaprire i negoziati ci pensa Jean-Claude Juncker, che anzi fa un passo avanti: «L’unica cosa che è cambiata dal voto di ieri – dice il presidente della Commissione – è che ora è aumentato il rischio di un no-deal, vale a dire la Brexit senza accordo».

L’Ue si prepara al peggio
E così, a due mesi dalla data-chiave, Bruxelles corre ai ripari e continua i preparativi per farsi trovare pronta nel caso in cui si verificasse quello che per tutti è «il peggior scenario». Ieri la Commissione ha adottato misure di emergenza su altri tre capitoli al fine di evitare lo «choc» dal 30 marzo: le borse di studio agli studenti Erasmus (non verranno chiuse improvvisamente), le pensioni dei cittadini europei che hanno lavorato nel Regno Unito (gli anni di lavoro Oltremanica verranno riconosciuti) e l’erogazione dei fondi europei per i programmi destinati ai cittadini britannici.

Il nodo dei fondi europei
Su questo punto però l’Ue ha posto una condizione ben chiara: l’esborso sarà garantito a patto che Londra continui a versare la sua quota al bilancio dell’Unione europea fino al termine del 2019. In caso di non accordo, Bruxelles darà tempo al governo britannico fino al 18 aprile: entro quella data dovrà decidere se continuare a pagare. In caso contrario, tutti i contratti in vigore per i vari progetti finanziati dalla Ue (per esempio quelli destinati all’agricoltura o alla ricerca) verranno di fatto congelati e resteranno senza soldi.

Il nodo del backstop
Il punto più critico di tutto l’accordo di divorzio è il «backstop» sul confine irlandese, la clausola di salvaguardia per evitare una frontiera rigida tra le due Irlande che di fatto prevede di inglobare l’Irlanda del Nord (parte del Regno Unito, dunque extra Ue) nel mercato unico e nell’unione doganale. Juncker ha detto no a un «backstop» temporaneo, «perché non sarebbe sicuro». Michel Barnier, capo-negoziatore Ue per la Brexit, ha ricordato che il «backstop» è una rete di salvataggio, una sorta di «assicurazione come quelle che abbiamo sulla nostra casa. Tutti noi ci auguriamo di non utilizzarla mai, ma è bene averla per non farsi trovare impreparati». Barnier si è detto disposto a «discutere le disposizioni alternative, come auspicato da Londra, ma soltanto dopo la firma dell’accordo in cui c’è il backstop». Per il francese, Oltremanica dovrebbero «smetterla con questo scaricabarile». Perché, ha ricordato, «oggi Theresa May prende le distanze dall’accordo che lei stessa ha sottoscritto».
Juncker ha poi fatto un appello ai Ventisette: «Io resto ottimista, ma è fondamentale che l’Ue mantenga la calma e resti unita». Di certo, ha assicurato, «gli altri ventisei Paesi dell’Unione europea non lasceranno sola l’Irlanda. Perché la frontiera irlandese sarà la nuova frontiera europea».

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