Fonte: La Repubblica
di Antonello Guerrera
Secondo un sondaggio, l’88 per cento della base del partito sarebbe favorevole a restare nell’Ue. Il leader tende la mano a Theresa May, almeno in apparenza: “Se la premier modificasse il suo accordo di uscita dall’Europa potremmo anche sostenerlo”
Come tutto il Regno Unito, Jeremy Corbyn ha un grosso problema: la Brexit. È il tema sul quale il leader Labour è notoriamente più ambiguo, principalmente per una ragione: non vuole alienarsi i voti pro-Brexit delle classi operaie e popolari soprattutto nel Nord dell’Inghilterra, ma allo stesso tempo non vuole perdere i voti dei tantissimi giovani, molto spesso europeisti, che lo sostengono. Questo equilibrismo, però, non potrà continuare per molto, e lo conferma un importante sondaggio di oggi: il 72 per cento della base laburista, cioè gli iscritti al partito, sarebbe a favore di un secondo referendum e, in tal caso, l’88% voterebbe per rimanere nell’Unione Europea. Se veri, sono dati che mettono in forte dubbio la linea di Corbyn, che ha sempre considerato un secondo referendum come l’ultima delle possibilità, anche dopo le elezioni anticipate.
Non a caso, oggi pomeriggio Corbyn è tornato a parlare di Brexit, tendendo la mano a Theresa May, almeno in apparenza: “Se la premier modificasse il suo accordo di uscita dall’Europa potremmo anche sostenerlo”. In realtà, l’offerta del leader laburista è sempre la stessa dei mesi scorsi e si basa sull’unione doganale permanente per il Regno Unito. Soluzione però impossibile per May, perché sarebbe considerata un “tradimento della Brexit” all’interno di una buona parte del suo partito. Sul referendum, poi, Corbyn insiste e allo stesso tempo rimanda: decide il Parlamento, come sul piano May (che verrà votato nella settimana del 14 gennaio).
I dati del sondaggio, però, mettono in luce per la prima volta il timore che sulla Brexit il 69enne leader Labour stia tirando troppo la corda con gli europeisti e i giovani: un terzo degli iscritti Labour non approva la linea di Corbyn e la metà di questi (quindi circa un sesto del totale) si dice pronta ad abbandonare il partito se il leader non cambiasse idea sul referendum. Allo stesso tempo, circa il 66% dei membri crede che Corbyn stia facendo un buon lavoro alla guida dei Labour e il 58% che raggiungerebbe con l’Europa un accordo migliore di quello di May. Insomma, c’è ancora una sostanziale fiducia di fondo, almeno per ora. Inoltre, le posizioni degli iscritti non vanno confuse con quelle degli elettori semplici del Labour (e senza tessera di partito): soprattutto nel Nord, ci sono molte circoscrizioni a maggioranza laburista che hanno votato a favore della Brexit. Tutti voti che Corbyn non vuole perdere.
Ma il caos della Brexit continua, in ogni campo. L’ultima polemica è un appalto del governo May rivolto a società private riguardo al trasporto via mare di scorte di beni e medicinali in caso di “no deal”, cioè di nessun accordo tra Regno Unito e Ue entro il 29 marzo con la conseguente uscita brutale del primo. Si è scoperto che una di queste società, la Seaborne Freight, al momento non ha una nave e non ha mai navigato. “Ma sarà pronta in tempo”, ha dichiarato il ministro dei Trasporti Chris Grayling. Un’altra promessa della Brexit, che chissà se verrà mai rispettata.