22 Novembre 2024

Fonte: La Repubblica

di Enrico Franceschini

La Gran Bretagna con l’uscita dall’Unione europea punta a ricreare un nuovo e forte legame economico con le vecchie colonie. Il via al nuovo progetto arriva con il summit annuale dei ministri dei 52 paesi del Commonwealth, in programma per giovedì e venerdì

Addio Europa, bentornato Commonwealth. Sulla via della Brexit, il Regno Unito riscopre e rilancia le sue vecchie tradizioni coloniali. In chiave nuova, ovviamente riconoscendo l’indipendenza delle ex-colonie, ma facendo un punto di forza degli antichi legami per tessere nuovi e più solidi legami economici. E’ quello che fonti governative di Londra chiamano un “Empire 2.0”, un Impero post-coloniale, veicolo adatto a quella “Global Britain” che secondo la premier Theresa May dovrà sostituire la stanca, obsoleta, mai del tutto convinta Gran Bretagna europea.
Il via al nuovo modello arriva questa settimana, con il summit annuale dei ministri dei 52 paesi del Commonwealth, l’organizzazione che riunisce appunto il Regno Unito e le sue ex-colonie, in programma giovedì e venerdì sotto il Big Ben. Liam Fox, ministro per il Commercio Estero e uno dei tre plenipotenziari che si occupano della Brexit, prometterà che la Gran Bretagna post-Brexit avrà relazioni migliori con tutti i paesi membri del Commonwealth e in particolare con quelli in Africa, dove Downing Street vuole iniziare colloqui per creare una “zona commerciale di libero scambio”. Un progetto di cui nel continente nero si parla dal 2011, con l’obiettivo di costituire un’area di libero commercio da Cape Town al Cairo, e che ora il governo May fa pienamente suo dandogli sostegno.
Le discussioni in merito potrebbero continuare fino all’anno prossimo, quando Londra ospiterà il vertice annuale dei capi di governo del Commonwealth e in quella occasione si spera di firmare l’accordo, scrive il Times. Secondo le stesse fonti, il governo britannico punta ad accordi analoghi in tempi simili con altri membri del Commonwealth, a cominciare da Canada, Australia e Nuova Zelanda.
L’idea di un “Impero 2.0” sembra discendere dagli slogan di Nigel Farage, l’allora leader dell’Ukip, il partito populista anti-europeo, durante la campagna per il referendum sulla Brexit del giugno scorso. Farage ripeteva spesso che la Gran Bretagna non ha bisogno dell’Unione Europea, essendo parte di un’associazione globale come il Commonwealth che copre più di 2 miliardi di persone, quasi un terzo dell’umanità. Ma come sottolinea il Times, l’opinione dominante tra gli esperti è che sarà difficile per il Regno Unito raggiungere un accordo di libero commercio con l’intero Commonwealth, perché la maggior parte degli stati membri hanno già qualche forma di accesso preferenziale alla Ue o lo stanno negoziando. “Il commercio con i nostri amici del Commonwealth è importante”, commentaTim Farron, leader del partito liberaldemocratico e fieramente pro-europeo, “ma il nostro governo si fa delle illusioni se pensa che questo potrà rimpiazzare gli accordi commerciali che abbiamo con l’Europa. Non sarà possibile per il nostro paese avere una politica commerciale di successo, in caso di hard Brexit”, cioè di una Brexit dura, completa, con l’uscita non solo dalla Ue ma pure da mercato comune e unione doganale, il tipo di Brexit che la premier May sembra intenzionata a perseguire. Impero 2.0 o meno. FINE

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