Fonte: Corriere della Sera
di Luigi Ippolito
Nel giorno in cui la Corte Ue ha precisato che Londra può decidere di interrompere il processo di uscita dall’Ue unilateralmente, arriva la clamorosa decisione della Premier
Theresa May umiliata si rimette nelle mani di Angela Merkel: oggi la premier britannica sarà a Berlino per incontrare la cancelliera tedesca, l’unica ormai in grado di sbloccare una Brexit che a Londra si è impantanata forse definitivamente. Ieri per la leader del governo britannico è stata la giornata più difficile della sua carriera. Pressata da tutte le parti, dopo molti tentennamenti è stata costretta a una clamorosa retromarcia: e ha annunciato il rinvio del voto, previsto per oggi in Parlamento, sull’accordo per la Brexit raggiunto a novembre fra Londra e Bruxelles. Una decisione che si è subito riflessa negativamente su tutte le Borse europee.
Ma la scelta era inevitabile: era ormai chiaro che il compromesso non sarebbe mai passato a Westminster. E una sconfitta avrebbe potuto innescare una crisi di governo dagli esiti imprevedibili. Una larga fetta del partito conservatore si era espressa contro l’accordo, visto come il peggiore dei mondi possibili: lascia infatti la Gran Bretagna strettamente legata alla Ue, ma senza più nessun potere decisionale. Nel suo discorso di ieri in Parlamento, accompagnato da risate e grida di scherno, Theresa May ha di nuovo escluso la possibilità di un secondo referendum, così come di una soluzione «norvegese», che includa la permanenza nel mercato unico, o di un no deal, ossia di una uscita dalla Ue senza accordi. Ma ha annunciato che avrebbe provato a negoziare in extremis termini migliori con i partner europei, con l’intenzione di riproporre il suo piano all’approvazione dei deputati.
In tarda serata si è appreso che la premier britannica sarà già oggi in Europa, prima in Olanda per incontrare il premier Rutte e poi a Berlino per il vertice decisivo con Angela Merkel. In questo modo la May scavalca la Commissione e si appella direttamente a quella che considera la leader di fatto della Ue, l’unica che può imporre delle concessioni nei confronti di Londra in grado di salvare la premier britannica e con lei la stessa Brexit.
Infatti il cammino verso l’uscita dalla Ue potrebbe essere a rischio. Nella mattinata di ieri , con una decisione che darà fiato ai sostenitori di un secondo referendum, la Corte europea di giustizia aveva stabilito che la Gran Bretagna ha il diritto di cancellare la Brexit in maniera unilaterale: finora si riteneva invece che per revocare l’articolo 50 dei Trattati, quello che regola l’uscita dall’Unione europea, occorresse il consenso di tutti gli Stati membri.
La sentenza dunque sgombra la strada, da un punto di vista legale, all’annullamento della Brexit. Anche se dal punto di vista politico cambia poco, perché al momento nessun governo o partito politico britannico si assumerebbe la responsabilità di contraddire il referendum popolare del 2016. Occorrerebbe un nuovo voto per cancellare la Brexit: questa per ora resta un’ipotesi remota, che tuttavia potrebbe riprendere quota se il piano May venisse definitivamente affossato. Sempre che non si verifichi lo scenario più temuto, cioè la Brexit senza accordi, ossia un’uscita catastrofica dalla Ue.
Theresa May umiliata si rimette nelle mani di Angela Merkel: oggi la premier britannica sarà a Berlino per incontrare la cancelliera tedesca, l’unica ormai in grado di sbloccare una Brexit che a Londra si è impantanata forse definitivamente. Ieri per la leader del governo britannico è stata la giornata più difficile della sua carriera. Pressata da tutte le parti, dopo molti tentennamenti è stata costretta a una clamorosa retromarcia: e ha annunciato il rinvio del voto, previsto per oggi in Parlamento, sull’accordo per la Brexit raggiunto a novembre fra Londra e Bruxelles. Una decisione che si è subito riflessa negativamente su tutte le Borse europee. Ma la scelta era inevitabile: era ormai chiaro che il compromesso non sarebbe mai passato a Westminster. E una sconfitta avrebbe potuto innescare una crisi di governo dagli esiti imprevedibili.
Una larga fetta del partito conservatore si era espressa contro l’accordo, visto come il peggiore dei mondi possibili: lascia infatti la Gran Bretagna strettamente legata alla Ue, ma senza più nessun potere decisionale. Nel suo discorso di ieri in Parlamento, accompagnato da risate e grida di scherno, Theresa May ha di nuovo escluso la possibilità di un secondo referendum, così come di una soluzione «norvegese», che includa la permanenza nel mercato unico, o di un no deal, ossia di una uscita dalla Ue senza accordi. Ma ha annunciato che avrebbe provato a negoziare in extremis termini migliori con i partner europei, con l’intenzione di riproporre il suo piano all’approvazione dei deputati. In tarda serata si è appreso che la premier britannica sarà già oggi in Europa, prima in Olanda per incontrare il premier Rutte e poi a Berlino per il vertice decisivo con Angela Merkel.
In questo modo la May scavalca la Commissione e si appella direttamente a quella che considera la leader di fatto della Ue, l’unica che può imporre delle concessioni nei confronti di Londra in grado di salvare la premier britannica e con lei la stessa Brexit. Infatti il cammino verso l’uscita dalla Ue potrebbe essere a rischio. Nella mattinata di ieri , con una decisione che darà fiato ai sostenitori di un secondo referendum, la Corte europea di giustizia aveva stabilito che la Gran Bretagna ha il diritto di cancellare la Brexit in maniera unilaterale: finora si riteneva invece che per revocare l’articolo 50 dei Trattati, quello che regola l’uscita dall’Unione europea, occorresse il consenso di tutti gli Stati membri. La sentenza dunque sgombra la strada, da un punto di vista legale, all’annullamento della Brexit. Anche se dal punto di vista politico cambia poco, perché al momento nessun governo o partito politico britannico si assumerebbe la responsabilità di contraddire il referendum popolare del 2016. Occorrerebbe un nuovo voto per cancellare la Brexit: questa per ora resta un’ipotesi remota, che tuttavia potrebbe riprendere quota se il piano May venisse definitivamente affossato. Sempre che non si verifichi lo scenario più temuto, cioè la Brexit senza accordi, ossia un’uscita catastrofica dalla Ue.